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IN TUTTO IL MONDO SI MANGIA ALLO STESSO MODO: CON LA BOCCA cibo food nourriture طعام食品 ખોરાક भोजन د ړو خو د غذاਭੋਜਨ comida chakula کھاناI corsisti del “laboratorio di scrittura creativa” in collaborazione con gli studenti del corso di Italiano per stranieri presentano:

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IN TUTTO IL MONDO SI MANGIA ALLO STESSO MODO:

CON LA BOCCA

cibo

food

nourriture

طعام

食品

ખોરાક

भोजन

د خوړو د

غذا

ਭੋਜਨ

comida

chakula

کھانا

ounje

I corsisti del “laboratorio di scrittura creativa” in

collaborazione con

gli studenti del corso di Italiano per stranieri presentano: di “Italiano per stranieri”

1

Il tema del cibo è trasversale: attraversa gusti personali, età e culture. Avvicina le persone, favorisce le relazioni, recupera ricordi anche lontani nel

tempo e nello spazio…

“La Sosta” di Tiziana Moroni

La brezza increspava appena le acque del mare che si appoggiavano placidamente a riva senza il minimo rumore. Il caldo improvviso di quell’inizio di primavera aveva

sorpreso un po’ tutti. Anche Lorenzo che, infatti, era uscito dalla cucina del suo ristorante per rinfrescarsi un po’, prima dell’arrivo dei clienti.

Lorenzo era fortunato, il suo locale era situato su di un promontorio a picco sul

mare; la vista dalla sala e, soprattutto, dalla terrazza, era di quelle mozzafiato. - Perfetto-, disse ad alta voce, osservando tutti i tavoli apparecchiati per il

ricevimento di nozze. “Si è anche alzato un po’ di venticello che, sicuramente, non disturberà gli ospiti”, pensava mentre i suoi occhi neri si spostavano da un tavolo

all’altro per controllare se mancasse qualcosa. Decise di sedersi all’ombra del ciliegio e rilassarsi. Aveva ancora un po’ di tempo e

cosa c’era di meglio se non goderselo proprio lì, circondato da quell’azzurro e da quella pace? Chiuse gli occhi, ricordando quando aveva scelto quel posto per aprirci

il suo locale. Era stato una decina di anni prima quando, passando in automobile, dopo una curva

si era trovato quello spettacolo naturale davanti agli occhi. Aveva inchiodato, era sceso dall’auto e si era detto:

- È questo il posto! Ci era voluto un po’ prima di riuscire ad aprire, ma, una volta superate burocrazie

e scartoffie varie, era partito con il suo progetto e non si era più fermato.

Il ristorante era piccolo, ma andava a gonfie vele. La sua era una cucina di qualità,

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basata su materie prime eccellenti e del territorio. La pubblicità era il passaparola, perché chi ci andava tornava e non da solo.

Per Lorenzo la cucina era una passione che coltivava sin da bambino.

La sua mamma e la nonna lo avevano sempre assecondato in questo, anche se non capivano come potesse essere così delicato e rapido nei gesti, avendo mani enormi,

più adatte ad un muratore che ad uno chef. Dopo la scuola alberghiera aveva fatto parecchia gavetta nelle cucine di vari

ristoranti, finché era riuscito a racimolare una bella sommetta, tale da poter aprire un’attività tutta sua.

-Forza Lorenzo, alza le chiappe, che il lavoro ti aspetta! - esclamò ad alta voce e si alzò con un’agilità insospettata, vista la mole: due metri di altezza per centodieci

chili. Ma aveva una leggerezza innata e quel cappello da cuoco, appoggiato sui riccioli scuri, lo faceva sembrare un paggetto troppo cresciuto.

-Animo- si disse ancora -che tra un po’ qui sarà tutto pieno. L’abitudine di parlare ad alta voce gli era venuta quando aveva aperto il locale ed

era solo. Lo faceva per farsi compagnia ed anche ora che aveva il personale al completo, l’abitudine era rimasta.

Sapeva di venire preso bonariamente in giro per questo, ma non gliene importava

nulla. Entrò in cucina a controllare le pentole sul fuoco, i piatti con gli antipasti già pronti

e disse: - Ragazzi, tutto sotto controllo? Mi raccomando: vogliamo fare proprio bella figura

oggi! Stessa frase ripetuta da anni e stessa risposta:

- Non si preoccupi, chef, saremo all’altezza. Come sempre! O forse no?

Una vocina timida dal fondo della cucina disse: -Mi sa che qualcosa che non va c’è.

Lorenzo diventò paonazzo e con voce roca esclamo: -Cosa?

La vocina che aveva parlato si fece avanti, gli occhi bassi, un ciuffo di capelli viola che sfuggiva alla cuffia e le mani che continuavano a tormentare, nervosamente, il

grembiule.

-Cosa? ripeté Lorenzo con un tono di voce più calmo. Aveva capito quanto fosse agitata

Sonia, la ragazza che aveva parlato. -Dimmi che c’è che non va? Dai!

-C’è che … non è arrivata la torta nuziale. Lorenzo era sul punto di svenire e ripeteva:

No! La torta no, no, no … e si lasciò cadere su una sedia con un pericoloso scricchiolio.

-Lo sapevo, non dovevo fidarmi di quella pasticceria. Dannazione! - urlò. Sì, perché, l’unico problema del locale era che, non avendo un pasticciere,

nell’organico dovevano appoggiarsi a pasticcerie esterne, non sempre all’altezza. -Che facciamo ragazzi? Chi lo prepara questo benedetto dolce?

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Sonia, arrossendo fino alla radice dei capelli, disse: -Potrei provarci io, se me lo permette. A me piace tantissimo fare i dolci!

-E a me, purtroppo, piace mangiarli, guarda qua come sto combinato... - disse

Lorenzo accarezzandosi la pancia con le sue enormi mani. Poi, fissando Sonia, mormorò:

-Ti do carta bianca, hai due ore di tempo, nella dispensa c’è tutto ciò che ti serve. Solo tu puoi salvarmi!

Una luce si accese negli occhi della ragazza che esclamò: -Vedrà, chef, non se ne pentirà! - e immediatamente si mise al lavoro.

Sonia il dolce ce l’aveva nella testa. Già dalla mattina aveva preparato, per conto suo, una crema pasticcera profumata al mandarino tardivo di Ciaculli ed una al

cioccolato fondente speziato. Ora non le restava che preparare una base di biscotto, stile cheesecake, i pan di spagna da farcire con le creme e le decorazioni fatte con

la pasta di mandorle. Naturalmente aveva pensato anche alla glassatura della torta: cioccolato bianco

aromatizzato al mandarino. Le mani di Sonia si muovevano, leggere e sapienti, nel lavorare la farina con le

uova. In poco tempo aveva già preparato i tre pan di spagna, le basi con burro e

biscotti e stava aspettando che proprio i pan di spagna raffreddassero nell’abbattitore.

Nell’attesa aveva ultimato le decorazioni e gli sposini in pasta di mandorle erano pronti per essere messi in cima alla torta.

Lorenzo, dalla porta della cucina non le staccava gli occhi di dosso, ammirato, pensando “avevo un tesoro in cucina e non me ne sono accorto! Mi sa che sto

perdendo colpi” ed un accenno di sorriso gli illuminò lo sguardo. Sonia, intanto, era alle prese con la glassatura, dopodiché le torte di nuovo un po’

nell’abbattitore. Quando i dolci furono pronti li sistemò, uno sopra l’altro, sull’impalcatura della torta nuziale. Aggiunse tutte le decorazioni sui vari piani. Per

ultimi, con delicatezza temendo di romperli, gli sposini, proprio in cima. Fece due passi indietro per guardare il suo lavoro finito.

Alle sue spalle un applauso fragoroso e poi le voci di Lorenzo e dei suoi colleghi che urlavano:

-Brava, bravissima!

Lorenzo si avvicinò e le disse: -Se è buona quanto è bella, e non ne dubito, abbiamo finalmente risolto il problema

dei dolci. D’ora in poi la pasticciera ufficiale de “La Sosta” sei tu! - e d’impeto l’abbracciò.

Sonia rispose all’abbraccio pensando: “Finalmente e spero che tu ti accorga anche di qualcos’altro …” e, strizzando l’occhio ai colleghi sbalorditi, lo baciò!

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“THIEBOU DIENE” (riso con pesce) Ricetta senegalese di M. Cisse

Per fare il Thiebou diene ci vuole il pesce

Per fare il Thiebou diene ci vuole l’olio

Per fare il Thiebou diene ci vuole 1chilo di riso

Per fare il Thiebou diene ci vogliono 3 carote

Per fare il Thiebou diene ci vogliono 2

peperoni

Per fare il Thiebou diene ci vuole una grossa cipolla

Per fare il Thiebou diene ci vuole l’aglio

Per fare il Thiebou diene ci vuole il cavolo

Per fare il Thiebou diene ci vuole il peperoncino

Per fare il Thiebou dine ci vuole un bel ciuffetto di prezzemolo

Per fare il Thiebou diene ci vuole la melanzana

Per fare il Thiebou diene ci vogliono 700g di passata di pomodoro

Per fare il Thiebou diene ci vuole un tubetto di pomodoro concentrato

Per fare il Thiebou diene ci vuole dado vegetale home made

Per fare il Thiebou diene ci vuole l’acqua.

POLLO AL CURRY (ricetta indiana di K. Boobesh)

Ingredienti:

➢ un chilo di pollo

➢ tre cipolle grandi

➢ due pomodori grandi

➢ un cucchiaio di zenzero e l’aglio

macinato

➢ due cucchiaini di polvere di coriandolo

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➢ due cucchiaini di polvere di cumino

➢ mezzo cucchiaio di polvere di curcuma

➢ un cucchiaio di peperoncino rosso in polvere

➢ due cucchiai di olio

➢ sale

➢ coriandolo tritato per guarnire

Utensili:

➢ padella

➢ un grande cucchiaio

Come Preparare il Pollo al Curry:

1. In una padella riscaldare l'olio e far friggere la cipolla.

2. Aggiungere un cucchiaio di zenzero e l’aglio macinato per 2 minuti.

3. Aggiungere i pomodori e far cuocere bene.

4. Aggiungere polvere di coriandolo, polvere di cumino, peperoncino rosso in

polvere, polvere di curcuma e sale e far cucinare le spezie 2 minuti.

5. Aggiungere i pezzi di pollo e 1/2 tazza di acqua e mescolare bene, far

cuocere per 10 minuti.

6. Coprire con un coperchio e lasciare cuocere a fuoco lento fino a quando il

pollo è cotto.

7. Guarnire con coriandolo tritato e servire.

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Gusti magici

di Cristiana Araujo

Quando ero bambina aspettavo sempre il periodo della festa di San Giovanni per

mangiare i dolci tipici di mais, che erano i miei preferiti e rappresentano una

tradizione della mia regione.

Ricordo quando mia zia faceva questi dolci di mais, come per esempio “la

pamonha”, “la canjica” e “il pe de moleque”, per festeggiare il giorno di San

Giovanni a casa mia o nella fattoria dei miei nonni.

La gastronomia brasiliana è molto particolare, perché è capace di mescolare

differenti gusti come il salato e il dolce contemporaneamente nello stesso piatto.

Considero questa diversità come una fantastica e incredibile creatività.

Era una specie di abitudine ogni fine settimana a casa mia fare un divertente pranzo

in famiglia con un buon barbecue a base di carne. Per me, il miglior momento era

sempre quando la mia mamma portava il dessert in tavola.

La domenica, dopo la messa, mi piaceva quando il mio papà mi portava in

pasticceria e sceglievo i dolci brasiliani più buoni come: “il brigadeiro”, “il bem-

casado” e “il mouse di maracujà”.

I dolci non erano solamente la mia passione, ma rappresentavano soprattutto quei

momenti felici con la mia famiglia, principalmente quando i miei cugini che

abitavano in un altro posto venivano a farci una visita e noi andavamo tutti insieme

alla spiaggia per fare un bagno di mare e per fare a gara a chi riusciva a mangiare

più chele di granchio.

I gusti della mia dolce infanzia e gli altri gusti dei momenti belli della vita sono

sempre magici da ricordare.

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ATTIEKE

(ricetta ivoriana di M. Keita)

Per fare l’Attieke ci vuole:

- 1 chilo di pesce per il brodo

- 1chilo di pomodori maturi

- Mezzo chilo di cipolle

- 1 chilo di filetto di persico africano

- 10 mazzancolle

- Un dado Maggi

- Carote

- Un peperoncino

- Un dado di crostacei

- Olio di palma

- 1chilo di attieke (pasta di manioca) precotta

- 1 chilo circa di melanzane

- 250 g di peperoni assortiti

- Olio d’oliva

- Sale

- Pepe

SPAGHETTI AL POMODORO

(ricetta italiana alla moda nigeriana di C.

Emmanuel)

Per fare gli spaghetti al pomodoro:

Prendere fuoco e pentola e pepe e sale e acqua e

olio e cipolla e basilico e aglio. Metti la padella sul

fuoco, quando è caldo, metti l'olio e la cipolla con

l'aglio macinato

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CHEKE

(ricetta guineana di M. Diallo)

Ci vuole:

- La farina di manioca

- olio

- pomodoro

- 1 cipolla

- dado

- sale

- il pesce

- l'insalata

- Ci vogliono

- i peperoncini

- le uova

Prendere la pentola, mettere poi l'olio nella pentola e poi mettere il pesce dentro

la pentola. Accendere il fuoco, prendere la pentola, metterla sul fuoco e lasciare

cuocere per 15 o 20 minuti, poi spegnere il fuoco e tagliare i peperoni e la cipolla

e l'insalata.

Poi prendere la farina di manioca, mettere nella padella e aggiungere il sale e il

dado. Prendere le uova e metterle nell'acqua bollente. Quando le uova sono sode,

tagliarle e metterle nella Cheke.

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La cena

di Chiara Coniglione

L’elegante tovaglia volteggiò in aria per poi posarsi dolcemente sul tavolo.

Valentina, con il palmo della mano, la distese con cura e controllò che la parte

pendente della tovaglia fosse esattamente uguale per tutti e quattro i lati. Poi

cominciò a posizionare piatti e posate. I suoi futuri consuoceri sarebbero arrivati

da lì a poco e lei voleva che la tavola fosse già in ordine e apparecchiata per bene.

Posizionò i sottopiatti grandi, enormi; su di essi appoggiò i piatti piani, quelli del

servizio “buono”, sopra i piattini da antipasto. Ai lati dispose le posate. Bicchieri:

acqua, vino, spumate in alto leggermente spostati verso destra. Piegò i tovaglioli a

ventaglio e li sistemò sui piatti. Al centro collocò una piccola composizione floreale.

Valentina guardò soddisfatta la tavola. Il colpo d’occhio era impareggiabile.

Le piaceva sistemare, decorare, abbellire la tavola, aveva buon gusto. Il problema,

invece, era la cucina.

Valentina non amava spignattare, detestava cucinare e, quando lo faceva, il

risultato era sempre un disastro. Ma per quella cena, così importante, aveva

consultato l’enciclopedia della cucina regalatale da Carlo, probabilmente per un

istinto di sopravvivenza, al loro primo anniversario di matrimonio. Enciclopedia che,

lei, non aveva mai sfogliato. Sistemata sull’ultimo ripiano in alto della libreria

veniva, durante le pulizie primaverili e natalizie, spolverata accuratamente e

riposizionata senza mai aprirla. Non era mai stata utilizzata per provare a preparare

una qualsiasi ricetta, con grande rammarico di Carlo.

La scelta del menù era stata lunga e difficoltosa. L’enciclopedia era stata sfogliata

e letta con attenzione da Valentina, che però aveva trovato quasi tutte le ricette

complicate e difficili da eseguire. Alla sezione “Menù per principianti” trovò delle

ricette facili e alla sua portata. Quindi decise per un menù semplice, ma buono.

Antipasto: Salmone affumicato. Doveva solo condirlo con olio e limone. Facile!

Primo: Tagliolini al ragù. I tagliolini li avrebbe comperati freschi dal pastificio e il

ragù l’avrebbe cucinato lei. La ricetta consigliava tre tipi di carne, vitello, maiale e

tacchino e poi cottura lunga. Non era difficile, si poteva fare!

Secondo: Il classico arrosto aromatizzato con rosmarino e sfumato con del cognac.

Era tutto spiegato e illustrato nell’enciclopedia. Non poteva sbagliare!

Dolce: Crostata. Semplice e genuina!

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Valentina eseguì pedestremente, con meticolosità e precisione le ricette.

Ne era certa: quella cena sarebbe stata memorabile.

I futuri consuoceri arrivarono puntuali alle 19,30.

La prima impressione fu di simpatia. Maria, piccola e snella aveva un’aria cordiale,

solare. Osvaldo, invece, era alto con un esuberante pancia e un sorriso

affascinante. Questi la baciò calorosamente offrendole un bellissimo mazzo di fiori.

Annusando l’aria esclamò: «Che profumino invitante!». Valentina ringraziò,

orgogliosa di sé.

Gli invitati presero posto a tavola e Valentina, da perfetta padrona di casa, cominciò

a servire l’antipasto.

Il piatto su cui aveva sistemato, sopra un letto di rucola, il salmone rosa decorato

con granelli di pepe nero era davvero scenografico.

«Che meraviglia!», esclamò la futura consuocera, ma dopo avere assaggiato il

primo boccone il suo viso si contrasse in una smorfia.

«Cara, forse hai esagerato con il limone. È decisamente aspro», sentenziò Carlo.

Valentina si scusò per l’inconveniente e portò via il piatto, praticamente intonso,

con il salmone.

«Per primo ho preparato dei tagliolini al ragù».

«Io adoro il ragù», affermò Osvaldo sorridendo.

I tagliolini vennero scolati e conditi. Il profumo del ragù faceva venire l’acquolina

in bocca. Con la prima forchettata, gli ospiti restarono di stucco.

«Cara» disse dolcemente Carlo «non è che per caso nel ragù hai messo lo zucchero

invece del sale? È decisamente stomachevole!».

Valentina assaggiò ed effettivamente dovette ammettere che i tagliolini erano

immangiabili. Le veniva da piangere, ma non si perse d’animo: c’era ancora

l’arrosto. Andò in cucina lo affettò e lo dispose sul piatto da portata. Quando lo

presentò ai suoi ospiti, questi lo osservarono con diffidenza. In effetti, non

presentava bene.

«Queste fette di carne assomigliano alle suole delle mie scarpe», disse Carlo

guardando avvilito il piatto.

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Valentina era mortificata, voleva scusarsi, ma non trovava le parole. Si vergognava

terribilmente, non era riuscita a cucinare niente di decente. La cena era stata un

disastro!

Nella stanza era calato il silenzio e fu in quel silenzio che la risata forte e sincera di

Osvaldo risuonò come un tuono.

«Non posso crederci, non è possibile!», continuava a ripetere, ridendo a crepapelle,

con le lacrime agli occhi. «Pensavo che solamente mia moglie fosse geneticamente

negata per la cucina, invece mi rendo conto che tu riesci persino a superarla.

Sicuramente andrete d’accordo!», disse continuando a ridere.

Valentina rinfrancata guardò Maria. Anche lei ricambiò con uno sguardo pieno di

comprensione e, iniziarono, a ridere anche loro.

Carlo li guardava senza capire cosa ci fosse da gioire. Lui aveva fame! Si alzò e,

risoluto, disse: «Io ordino quattro pizze».

«Ottima idea», risposero all’unisono.

Valentina, continuando a ridere, aggiunse: «Ordina anche il dolce. Forse la mia

crostata non vi piacerà un granché: ha la morbidezza di un sasso!»

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POMODORI ALLA GRIGLIA

(ricetta ivoriana di I. Kone)

Per fare i pomodori alla griglia ci vuole:

- il pomodoro

- la cipolla

- il dado del condimento

- l'aglio

- un barattolo di pomodori

- il peperoncino

- l'olio

- del prezzemolo

- sale

Prendere una pentola grande, mettere l'olio (5 cucchiai), mettere il pomodoro e la

cipolla, lasciare cuocere per 2 minuti, aggiungere il dado del condimento, l’aglio,

una lattina di pomodoro, il peperoncino, lasciare cuocere per 15 minuti. Aggiungere

del prezzemolo, il sale e spegnere il fuoco.

TAKTOKA

(Ricetta marocchina di F. Mirrar)

Per fare il Taktoka ci vuole:

• 2 Peperoni

• 1 Pomodoro

• 2 Spicchi d'aglio

• 1 Cipolla

• 4 Cucchiai di olio d'oliva

• un po'di prezzemolo

• sale + pepe + paprika + cumino q.b.

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come si fa:

1. grigliare i peperoni

2. tagliare i peperoni, il pomodoro, la cipolla e l'aglio

3. mettere l'olio d'oliva e l'aglio nella padella e lasciare rosolare per 2 min.

4. aggiungere i peperoni, il pomodoro, la cipolla e lasciare cuocere per 8-10

min.

5. mangiare accompagnato dal pane e ... buon appetito

INDOMIE

(ricetta nigeriana di D. Osemwengie)

per fare l'Indomie ci vuole:

- noodles

- olio

- dado

- sale

- 2 peperoni

- acqua

- 2 uova

Tagliare i peperoni a quadratini, salare, aggiungere un dado, le uova e l'olio.

Mescolare i noodless nella padella. Mettere sul fuoco basso. Mescolare sempre e

lasciare cuocere per 3 minuti.

Buon appetito!

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POLLO AL POMODORO

(ricetta guineana di I. Camara)

Per fare il pollo con il pomodoro: prendere una pentola

grande mettere l’acqua con un po’ di sale dentro la

pentola. Mettere la pentola sul fuoco e mettere dentro

il pollo. Intanto prendere una padella e mettere nella

padella l’olio e il pomodoro.

POLLO CON RISO

(ricetta pakistana di S. R. Syed)

1.il pollo

2.il riso

3.la cipolla

4.il pomodoro

5.l'aglio

6.il sale

7.l'acqua

8.il limone

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POLLO CON RISO E ZENZERO

(ricetta pakistana di I. Shahreyar)

Ci vuole:

1.il pollo

2.il pomodoro

3.la cipolla grossa

4.lo zenzero

5.l’ aglio

6.il sale

7.l’olio

8.l’acqua

9.il limone

10.il basilico

11.il riso

12.i peperoni verdi

13.il peperone rosso in polvere

14.il peperone nero in polvere

Buon appetito!

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“Sapori dalla A alla Zeta”

di Enrica Balbi

A come Anolini, agnolotti ma anche come antipasti e magari... acciughe

Anolini

Da alcuni anni, costituiscono il nostro piatto natalizio. Semplicissimo piatto della

cucina piacentina-parmense-cremonese: normale pasta all'uovo riempita con un

ripieno di parmigiano, uovo e pane grattugiato scottato col brodo. La pasta si

ritaglia con un uno stampo a forma di sole: gli anolini sembrano, infatti, dei piccoli

soli. Si fanno poi cuocere nel brodo. Io e Valeria lavoriamo tutta la sera della Vigilia.

Ci sentiamo rilassate e affascinate nell'impastare, mescolare, stampare. Si

chiacchiera, il tempo passa e, a ogni anolino che prende forma, cadono piccoli pezzi

di preoccupazioni e tensioni.

Agnolotti e antipasti

I pantagruelici pranzi natalizi a casa della nonna paterna... Lei lavorava giornate

intere prima della giornata fatidica e noi andavamo a trovarla per vedere come

procedevano i lavori. Infine il 25 dicembre eravamo tutti ammucchiati intorno al

non vasto tavolo del tinello. Affogavamo letteralmente fra antipasti, agnolotti e

arrosti ma, nonostante questo, avanzavamo sempre una discreta quantità di cibi.

Il giorno dopo si ritornava dalla nonna e si ricominciava daccapo...

Acciughe

Vedi alla lettera B

B come Burro e bagna cauda

Burro

Adoro il burro e continuo a mangiarlo anche se, da parecchi anni, è stato messo

all'indice. Ne consumo quantità moderate, non mi sognerei più di ingurgitare panini

che erano in realtà delle bombe piene di burro. Questo capitava soprattutto quando

andavo in villeggiatura dalla nonna a Coazze. Approfittando dello squisito burro di

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montagna, la nonna preparava le acciughe al burro: uno strato di burro e uno di

acciughe, sino ad esaurimento dei due ingredienti. Metteva il preparato in un

contenitore di porcellana, chiudendolo poi in un armadietto a muro (il frigo non

esisteva). Si consumava poco alla volta, soprattutto a merenda. La bontà di questo

semplicissimo cibo richiamava molti bambini, miei piccoli amici e tutti ne

mangiavamo leccandoci le dita.

Bagna cauda

Mi ricorda le cene che papà organizzava il Primo novembre, invitando

rigorosamente non-piemontesi, ai quali lui si sentiva orgoglioso di offrire una nostra

specialità. Era l'unica occasione, in tutto l'anno, in cui papà si trasformava in un

massaio. Si occupava lui di andare a comperare gli ingredienti, scegliendoli con

molta cura da vero intenditore (era molto pignolo nell'acquisto di acciughe e

peperoni). Naturalmente cucinava lui la bagna cauda. Ricordo benissimo quelle

cene che, per me, erano un po' noiose (di solito non c'erano altri bambini), ma mi

faceva piacere vedere la soddisfazione dei commensali che apprezzavano molto

questo insolito piatto.

C come Coppa e Culatello

Coppa

Anche qui panini... grandi panini ripieni di indimenticabile coppa. Io e i miei cugini

affondavamo i denti in quella delizia. Con i panini in mano, balzavamo sulle nostre

biciclette e sciamavamo per le stradine della Bassa padana sotto un sole rabbioso

che scioglieva l'asfalto, fra odori intensi e indimenticabili.

La meta era quasi sempre la stessa: il Po. Si poteva scegliere il Po piacentino oppure

quello parmense. Nel primo caso, andavamo a Ongina, un paesino dove l'omonimo

torrente si getta nel Po; la seconda opportunità ci portava al lido di Polesine dove

si trovava una vera e propria spiaggia, tra i sabbioni del fiume. In entrambi i casi,

festeggiavamo la gita scolandoci una bella bottiglietta di Coca-cola.

Culatello

Il salume, per dirla alla bussetana, “dei ricchi”, un tempo dal prezzo inavvicinabile

quasi per chiunque. Chi poteva ne comprava uno e lo faceva stagionare in cantina.

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Si mangiava esclusivamente a Natale. Ma poteva andare a male: la stagionatura

non sempre riusciva e il culatello risultava immangiabile.

Adesso, che siamo tutti un po' più ricchi, ogni tanto ce lo possiamo permettere. Gli

esperti dicono che non è più quello di una volta: solito rimpianto per i tempi passati

o verità? In ogni caso, il culatello è ancora adesso una leccornia che viene mangiata

in maniera quasi religiosa. Vietatissimo prenderlo con la forchetta: si mangia

rigorosamente con le mani. Viene posto su un piatto di portata al centro della tavola

e ognuno se ne serve: le mani si avvicinano, si sfiorano, si sviluppa un senso di

piacere e calore, tra chiacchiere e risate. Spesso vengono consumati anche altri

salumi: la cena va avanti fino a quando lo stomaco non dice basta... Anche perché,

insieme ai salumi si mangia il pane fritto, una pasta a forma di sacchettino, fritta

nell'olio.

D come un dolce particolare: i marrons-glacès

I marrons-glacés, erano i dolci dei miei compleanni. Me ne compravano non più di

tre o quattro: già ai tempi della mia infanzia erano carissimi e, per questo motivo,

li compravamo dalla panettiera perché in pasticceria costavano ancora di più.

I denti incidevano la glassa, assaporavo il contenuto tenendo in bocca il pezzettino

di marron (ne mangiavo un millimetro alla volta) il più a lungo possibile. Quando

tutti i marrons-glacés erano finiti, avvertivo una fitta di dispiacere e di rimpianto:

li avevo mangiati troppo rapidamente, sarei dovuta andare più adagio...

Mi sono presa una rivincita quando ho compiuto 18 anni. In quell'occasione mia

madre mi aveva regalato una confezione da un chilogrammo: divorata fino

all'ultima briciola!

E come Caramelle Elah

“Enrica, mi vai a comprare le sigarette?”, chiedeva mia madre. Sbuffavo e dicevo

di sì (dire di no era rischioso). Perché non se ne comprava un pacchetto da venti,

anziché comprarne dieci alla volta? Le sigarette (Esportazioni senza filtro)

costavano centodieci lire. Quasi sempre mi dava i soldi contati, ma qualche volta

no. Quando si verificava la seconda situazione, mettevo i soldi sul bancone e, prima

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che il tabaccaio mi consegnasse il resto, a bassa voce, gli chiedevo: “Mi dia anche

due cremiliquirizia Elah...”, che costavano cinque lire l'una. Uscita dal negozio, le

mangiavo in fretta quasi vergognandomi: mia madre forse si sarebbe arrabbiata,

non le avevo chiesto il permesso come avrei dovuto. Poi mi consolavo pensando:

“Così impara a mandarmi in continuazione dal tabaccaio”. Risoluta, tornavo a casa.

F come Farinata

In tempi lontani, la pizza costava cara. Ma la farinata no: con cinquanta lire se ne

poteva mangiare in quantità soddisfacente. Ho cominciato ad apprezzare la farinata

nella pizzeria-gelateria del signor Cecchi, nella zona dove abitavo allora. Rimanevo

sempre incantata dalla rapidità e precisione da artista con la quale la signora Cecchi

tagliava la farinata in quel capiente tagliere, la avvolgeva in un pezzo di carta e la

posava sul peso. Noi uscivamo col pacchettino e mangiavamo la farinata lungo la

strada.

Da quei giorni, ho sempre avuto un debole per questo piatto popolare. Mio marito

e io ne siamo appassionati divoratori. Con un dispiacere: non siamo mai riusciti a

cucinarla in casa, perché ogni volta che tentiamo di farlo è un disastro. Un giorno

o l'altro magari ci riusciremo. Se no, amen.

G come Gorgonzola e Gnocchi

Gorgonzola

Pane e gorgonzola, polenta e gorgonzola: semplicissimi e favolosi. Mi sono

innamorata del gorgonzola sin da piccola. Per me, questo formaggio simboleggia il

negozio di Marina. Quel negozio era un tripudio di odori: acciughe, formaggi (fra i

quali il gorgonzola faceva la parte del leone), caffè, aglio, verdure e tante altre cose

ancora. Marina tagliava il gorgonzola con un cordino, per non rovinare la forma.

Giunta a casa, lo spalmavo sul pane: una delle migliori merende che ci potesse

essere.

Anche oggi continuo a mangiarlo, sia pure con moderazione. Unico cruccio: non

sono mai riuscita a farlo amare a mio marito, il quale continua a detestarlo

cordialmente.

Gnocchi

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Era il piatto della domenica e, per me, lo è ancora. Ogni tanto, la domenica preparo

gli gnocchi. Conditi con il formaggio di cui sopra sono ottimi, ma noi li preferiamo

col ragù oppure con i funghi. La loro preparazione mi rilassa. Divento insolitamente

precisa, ordinata. Da subito predispongo gli ingredienti che mi serviranno, in fila

sul tavolo di cucina per non doverli poi cercare quando avrò le mani sporche di

farina. Schiaccio le patate direttamente nel cono di farina e comincio ad impastare.

Per qualche minuto, mi sento lievemente in agitazione: l'impasto potrebbe non

riuscire causa patate non adatte. Ma dopo un paio di minuti, mi rendo conto che

tutto procede per il verso giusto (ormai sono diventata un'intenditrice di patate e

riesco a comperare sempre quelle giuste). L'impasto procede, diventa sempre più

liscio e consistente. Segue poi la rigatura degli gnocchi con la forchetta: qualcuno

mi ha consigliato di evitarla perché è una noia, ma per me, senza la rigatura, gli

gnocchi non sono gnocchi. Segue poi la cottura: li butto a manciate nell'acqua

bollente, togliendoli non appena vengono a galla. Li condisco nella zuppiera: uno

strato di gnocchi, uno di sugo e uno di parmigiano, finché sono tutti sistemati.

Dopodiché... buon appetito!

H come Non mi viene in mente niente.........

I come Insalata

Insalata, uovo sodo e tonno (o, in alternativa, carne in scatola): cena da re...

L come Lardo di Arnad

Una grassissima meraviglia che si scioglie in bocca. Immaginate che cosa significhi

gustarla su una terrazza, al cospetto del Monte Rosa...

M come Malfatti

I malfatti (o tortelli d'erbette), sono un'altra specialità di quel luogo succulento che

è il paese di mia madre. I malfatti hanno una forma quadrata come quella degli

agnolotti. Il ripieno è composto di parmigiano, ricotta e coste bollite, il tutto

mescolato insieme. Una volta cotti, vengono conditi con burro fuso e una generosa

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dose di parmigiano. Immagino che molti inorridiranno nel sentir descrivere questa

bomba calorica: purtroppo, sono squisiti. E poi, mangiati una volta o due all'anno,

che male possono fare? Mettetevi una mano sul cuore, signori nutrizionisti... E

magari una sullo stomaco... e assolveteci.

N come Nutella

Da secoli non mangio più la Nutella: la trovo pessima. Da piccola, invece, la

adoravo. Finalmente una cioccolata da spalmare! Prima della sua comparsa,

esisteva soltanto la meravigliosa cioccolata “Due vecchi” della Talmone,

eccezionale, ma gravata da un difetto: era carissima, motivo per cui in casa mia

compariva non più di due o tre volte l'anno. La Nutella costava molto meno e,

quindi, cominciò a circolare in tutte le case, compresa la mia. La divoravo spalmata

sul pane oppure in bilico sulla punta di un grissino. Spesso, la mangiavo leggendo

contemporaneamente un libro: dal pane o dal grissino, la Nutella gocciolava sulle

pagine. Su alcuni libri che ho conservato restano ancora le tracce di quelle antiche

merende.

O come Orecchiette e cime di rapa

È uno dei nostri piatti preferiti.

Nella padella insaporiscono insieme olio, aglio, acciughe e le cime di rapa. Questi

alimenti, presto verranno raggiunti dalle orecchiette cotte al dente: ottimo

matrimonio. In alternativa alle cime, si possono utilizzare i broccoletti: ottimo

matrimonio anche questo.

Finalmente un cibo sano, commenteranno i miei giudici nutrizionisti...

P come Pizza

Quante pizze ho mangiato nell'ormai lungo corso della mia vita. Se ipoteticamente

dovessi raccoglierle tutte, non mi basterebbe tutto il mio appartamento. Pizze

diverse fra di loro come qualità, ma anche per le occasioni sociali in cui vennero

consumate. Proviamo a fare una classifica.

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Pizze squisite: come dimenticare quelle della minuscola pizzeria di via Botero (tre

tavolini) nel cuore della vecchia Torino, meta delle passeggiate natalizie con i miei

genitori, nido confortevole per i corpi intirizziti dal freddo di quegli inverni?

Pizze cattive: la pessima pizza servita a Paestum e quelle, altrettanto orribili, che

ci portavano in reparto quando lavoravo in ospedale.

Pizze volanti: pizza al mattone, servita su un piatto insufficiente, poggiato a sua

volta su una specie di tavolino da notte, che volò via alla prima forchettata,

spiaccicandosi sul pavimento.

Pizze assassine: un residuo di guscio di cozza invisibile, nascosto fra mozzarella e

pomodoro, mi spaccò un dente: dolore lancinante e imprecazioni.

Pizze con i genitori; pizze con le amichette (come ci sentivamo grandi!); pizze con

amici chiassosi; pizze con fidanzati (“Mi fai assaggiare la tua pizza? Ti faccio

assaggiare la mia”. Le rispettive forchette si insinuavano fra le labbra dell'altro);

pizze con persone simpatiche; pizze con persone antipatiche; pizze politiche e pizze

letterarie; pizze con persone mai più viste e pizze con persone diventate

importantissime; qualche pizza solitaria; pizze tristi o silenziose e col muso lungo;

pizze allegre e spensierate; pizze di lavoro; pizze d'addio o di arrivederci; pizze

consolatorie in momenti tristi.

Pizze...

Q come Quaià

La nonna, quando eravamo a Coazze, approfittando dell'ottimo (?) latte di mucca

locale, preparava la quaià. Sulla sommità della scodella che la conteneva, si

formava un sottilissimo ma invitante strato di panna. Lo mangiavo golosamente,

ma la pacchia durava pochissimo: sotto quell'ingannevole pannina, si celava un

orribile yoghurt acidissimo. La nonna diceva che faceva bene al sangue, quindi, per

farla contenta ne inghiottivo due o tre cucchiaini. Ecco questa era la quaià che,

come sgradevolezza, gareggiava con l'altrettanto disgustoso decotto di malva,

anche questo una specialità della nonna.

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R come Risotto

E no, signori nutrizionisti... Ecco a voi un altro cibo ipercalorico: il risotto. Ditemi

come lo preferite: risotto col pesce, risotto ai funghi porcini, oppure agli asparagi

o, magari, agli spinaci? Per me va bene anche un semplice riso in bianco... Col

burro, naturalmente.

Adesso sobbalzate: alla prossima lettera (la S) sentirete parlare addirittura del...

salame!

S come Salame

Il salame, uno dei miei cibi preferiti. Potrei quasi ripetere le lodi utilizzate per la

pizza. Anche lui è stato consumato nelle occasioni più varie: a casa della nonna;

dalla zia Decima che cominciava a tagliarlo, non appena un ospite si profilava

all'orizzonte; in trattorie e osterie con gli amici; in perfetta solitudine...

T come Tasca

Anche la preparazione della tasca mi rilassa. Mi piace mischiare insieme gli

ingredienti che compongono il ripieno (prosciutto, parmigiano, mollica impregnata

di latte, uovo), riempire la tasca e cucirne chirurgicamente la sommità; sentirla

bollire lentamente. E poi mangiarla insieme agli anolini.

U come Uova

Sode, ma leggermente morbide internamente; col sugo; strapazzate... Semplici,

umili, buonissime.

V come …???

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Z come Zabaglione

Che ne dite di uno zabaglione da Fiorio? Gustiamolo avvolti dal fascino del luogo.

Fateci un pensierino, senza pensare troppo ai nutrizionisti, per piacere...