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    ATHARVAVEDA

    Inni magici

    Introduzione di

    SAVERIO SANI

    A cura di

    CHATIA ORLANDI e SAVERIO SANI

    TEA

    INTRODUZIONE

    La magia ha sempre svolto in ogni societ un ruolo molto importante nello sviluppo dello umano. Soprattutto nell'antichit l'uomo si sempre sentito circondato da innumerevoli periceali o immaginari, spiegabili o misteriosi, dai quali cercava di difendersi. E se per certe minacua incolumit poteva attribuire le cause a dei fattori noti, come, ad esempio, gli eventi atmos

    gli assalti dei nemici, non altrettanto era in grado di fare nel caso di pericoli per i quali non riusndividuare l'origine e la provenienza: quando aveva a che fare con malattie che rendevano deforpi e addirittura portavano le persone alla morte, o quando l'incapacit di procreare o di aveapporti sessuali metteva in pericolo la possibilit di procurarsi una discendenza, oppure anco

    quando un improvviso incendio gli distruggeva il raccolto o la casa, attribuiva le cause di ques

    d agenti misteriosi e nascosti che risultavano, per ci stesso, ancora pi temibili. Questo tipoagionamento, basato sull'analogia, si estendeva anche ai modi con cui si cercava di difendersie il lancio di frecce appuntite sortiva l'effetto di uccidere i nemici in carne ed ossa, le stesse ar

    usate simbolicamente, dovevano in qualche modo essere efficaci anche contro i nemici che nonotevano vedere. Allo stesso modo, se il fuoco era capace di tenere lontane le bestie feroci, eraensabile che questo stesso potesse sventare gli attacchi di misteriose potenze malefiche; o se,ncora, l'acqua era in grado di restituire la pulizia ad un corpo che si era sporcato nel lavoro o naccia, doveva essere anche in grado di restituire la purezza perduta a causa di una profanazion

    Partendo da questi presupposti, facile immaginare come in uno stato sociale ancora rudim

    utto fosse magico: la magia, l'arte cio che presume di dominare le forze della natura in vistadell'ottenimento di scopi pratici, era un bisogno e una funzione come quella di cacciare, pesareavorare il legno e la pietra.

    Ma l'arte e la tecnica della magia non erano - e non dovevano essere - appannaggio di tutti, b

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    di pochi eletti che, gelosi delle proprie prerogative, trasmettevano per via ereditaria quelleonoscenze attraverso le quali facevano credere alla gente comune di saper modificare la realt

    Su queste conoscenze l'India ci ha lasciato un formulario magico tra i pi antichi e tra i picompleti, l'Atharvaveda, la cui composizione databile con ogni Probabilit al periodo com

    ra il 1000 e l'800 a. C. ed successiva allo spostamento degli Indo-Ari verso zone pi orientdella pianura indo-gangetica. La composizione dell'Atharvaveda risale quindi al periodo pi adella storia letteraria e religiosa dell'India, quello che va, secondo l'opinione della maggior partudiosi1 , dal 1500 a.C., epoca a cui si fa risalire la penetrazione degli Indo-Ari nel Nord nel

    Subcontinente, alla seconda met del VI sec. a. C., quando cio comincia a sorgere il BuddhDurante questi secoli si andarono formando quei testi della letteratura religiosa indiana cheomprende vari tipi di opere, dalle quattro raccolte (samhita) di inni laudativi e ritualistici alle

    di esegesi e commento (brahmana) e di speculazione liturgica e filosofica (upanisad). Dal titolveda = "sapienza") da cui sono contraddistinti i pi importanti e i pi antichi di questi testi,amhita, questa letteratura viene designata, nel suo complesso, come "letteratura vedica".

    L'Atharvavedasamhita (letteralmente "La raccolta della sapienza degli Atharvan") costituiscquarto dei libri sapienziali dell'India antica: esso contiene 731 inni o sukta (lett. "ben detto"), potale di circa 6.000 strofe. I componimenti, a parti i libri XV e XVI redatti quasi completamenrosa, sono metrici. Tuttavia in alcuni passi dove si ha mescolanza di versi e di prosa, diffici

    qualche volta stabilire se si tratti di versi corrotti a causa di interpolazioni o di prosa ritmica. Lpera suddivisa in venti libri o kanda, ma gli ultimi due sono un'aggiunta pi tarda. Il XX liomposto quasi essenzialmente di inni presi dalle parti pi recenti del Rgveda, da cui proviennche un settimo delle strofe del resto della raccolta; la maggior parte di esse tratta dal X lib

    misura minore, dal I e dall'VIII.Come per il Rgveda, la sistemazione dei libri all'interno della raccolta mostra anche per

    Atharvaveda un'accurata attivit editoriale. I primi sette libri contengono per lo pi inni brequasi tutti a care magico: il I libro ci sono inni di quattro versi, nel II di cinque, nel III di sei, ndi sette. Le strofe del libro V vanno da un minimo di otto ad un massimo di diciotto. Il libro VIontiene per lo pi inni di tre strofe e il VII Inni quasi tutti di una o due strofe. I libri VIII- XI

    XVII e XVIII sono composti di inni molto lunghi, dei quali il pi corto, di ventuno strofe, aprintera serie (VIII, I), quello pi lungo (XVIII, 4), di ottantuno, la chiude. Il libro XV e gran

    del XVI, che interrompono la serie, come abbiamo detto, non sono metrici, ma composti in ungi simile a quella dei brahmana. Contemporaneamente a questo ordinamento puramentemeccanico, che tiene conto del numero delle strofe negli inni, stato qua l seguito anche u

    riterio basato sul contenuto, tanto vero che a volte si susseguono due, tre, e talora anche pion lo stesso argomento. Inoltre mentre i libri I - VII contengono inni brevi di contenuto miscequelli VIII XII sono dedicati ciascuno ad un solo argomento: il libro XIII Glorifica il Dio So

    nome di Rohita, il XIV contiene solo preghiere nuziali, il XV si rivolge ad un Ente supremo cnome di Vratya, il XVI e il XVII contengono formule per avere sicurezza e una lunga vita e il dedicato agli inni funebri.

    L'Atharvaveda ha occupato per lungo tempo una posizione subordinata rispetto alle altre treaccolte, la Rgveda samhita ("La raccolta della sapienza delle strofe"), la Samvedasamhita ("Laccolta della sapienza delle formule sacrificali". Nei brahmana e nel Canone Buddhista

    ammentata infatti quasi esclusivamente quella che gli Indiani chiamavano la trayi vidya, ciotriplice sapienza". Di questa non faceva parte l'Atharvaveda al quale, anche quando venivaammentato2 , era destinata una posizione separata rispetto alle altre samhita: evidentemente ci era il suo contenuto lontano dall'ufficialit della religione e del rituale riconosciuto dai bra

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    Questa raccolta entr quindi pi tardi delle altre tre - forse intorno al 200 a.C. - a far parte depere canoniche della religione vedica, cio dopo che gli inni che la compongono erano statiimodellati su quelli del Rgveda e messi in relazione stretta col rituale brahmanico. Cos, a par

    dall'epica e dalla letteratura puranica, dove si comincia a parlare di "quadruplice sapienza", troinalmente l'Atharvaveda riconosciuto ormai a pieno diritto. L'essere stato a lungo tenuto in dis

    il motivo per cui la sua tradizione risulta pi recente: l'Atharvaveda ci mostra infatti gi atdivisione della popolazione in quattro caste, nel Rgveda invece solo accennata, e condizioni sonaloghe a quelle evidenziate dallo Yajurveda; gli dei hanno perso quella individualit che av

    nella raccolta pi antica, essendo divenuti ormai dei semplici allontanatori di demoni; gli innipeculativi presentano un diverso sviluppo del pensiero metafisico; la lingua ha un aspetto menrcaico. Tale recenziorit riguarda tuttavia solo la redazione e non i singoli inni: il contenuto ormulario, che si intravedono al di sotto dei rimaneggiamenti redazionali e degli adattamenti ienso brahmanico - che furono indispensabili per l'inserimento della raccolta nel canone -, ci p

    molto pi indietro di ogni altro libro sacro dell'India; ci rivelano infatti una fase in cui prevalgquelle credenze elementari che precedono normalmente il costituirsi di una religione codificatahe l'Atharvaveda ci offre sono dunque di grande interesse per completare l'idea che dell'epocai si pu fare in base agli altri Veda: bench rimaneggiato in funzione sacerdotale, vi sopravvivlementi di folklore e di poesia popolare in misura ben pi grande che nel resto della letteratu

    vedica e vi sono conservate antiche credenze e superstizioni che determinano, oggi come millel pensiero e i sentimenti degli strati pi bassi della popolazione indiana. La raccolta costituisertanto un documento importante per l'etnologia e la storia delle religioni e una fonte di estrem

    valore per la conoscenza della reale fede popolare, la quale credeva nella stregoneria e in tutta erie di demoni, folletti e spiriti maligni, ritenuti responsabili di tutto ci che di male e di nonpiegabile capitava all'uomo. Tali credenze sono altres la testimonianza dell'avvenuto innesto ulti primitivi, praticati dalle popolazioni autoctone gi prima dell'arrivo dei ari - e che si ritroncora oggi qua e l presso le stirpi non arie della giungla - di procedimenti magici che risalgll'et indoeuropea. Si osservino, per esempio, questi versi tratti dall'inno IV, 12, per guarire

    gamba fratturata:Che il tuo midollo stia con il midollo:a tua articolazione con l'articolazione.

    La parte di carne che ti strappata possa ricrescere:ossa ricrescere anche l'osso.

    Che il midollo si riunisca con il midollo;

    Che la pelle ricresca con la pelle;Che il sangue e l'osso ti ricrescano;Che la carne ricresca con la carne.

    E` sorprendente come essi presentino notevoli somiglianze con uno dei cosiddetti MerseburZauberspruche, formule magiche in antico alto tedesco, conservate nella Biblioteca del duomoMerseburgo:

    Osso con osso,

    angue con sangue,rticolazione con articolazioneome se fossero incollati.

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    Questo parallelismo formulare fra ambiti geograficamente cos distanti certamenteestimonianza di una remotissima antichit.

    La raccolta dei testi che formano l'Atharvaveda nel suo aspetto attuale si era andata costitueungo un arco di vari secoli. Essa ebbe in un primo momento il titolo Atharvangirasas, dai nom

    due principali cerchie di poeti - maghi, chiamati Atharvanas e Angirasas, che, secondo la tradiarebbero stati i compositori delle formule magiche. La corrispondenza appossimativa del termanscrito athar con quello avestico atar "fuoco" ci fa intravedere nell'Atharvan una sorta di sache conosceva per tradizione familiare la difficile arte di produrre il fuoco tramite lo sfregamen

    due legnetti e di conservarlo acceso per i bisogni della comunit. Il termine angiras non ha untimologia sicura, ma pare tuttavia riferirsi anch'esso a sacerdoti che avevano relazione con il f

    due vacaboli passarono poi dalla designazione di una certa classe o famiglia sacerdotale a quelformula magica". La tradizione successiva classific quindi i testi magici in due diversi tipi, doro il nome delle due cerchie sacerdotali: il termine atharvan venne cos a indicare le formule

    magia bianca relative alle pratiche benefiche, riconosciute dalla letteratura brahmanica come spacificanti" e paustika "che procurano prosperit"; le formule di magia nera, relative alle prastili e di stregoneria (ytu), dette abhicara e definite ghora "terribili", furono invece chiamate al nome Atharvaveda, dato normalmente a quella samhita, dunque l'abbreviazione di

    Atharvangirasovedasamhita, titolo che sarebbe correttamente da interpretare come "La raccoltapienza degli incantesimi di magia bianca e di magia nera". La suddivisione degli incantesimi

    due tipi non si riscontra tuttavia nell'ordinamento degli inni all'interno della raccolta. E ci bbastanza naturale, in quanto un incantesimo difensivo, nel momento stesso in cui protegge c

    qualcosa o qualcuno, diventa offensivo nei confronti di quest'ultimo. Si susseguono quindi attrventi libri della raccolta imprecazioni e suppliche, maledizioni ed esorcismi; i rituali pi svarovano l'uno accanto all'altro. Alcuni inni, specialmente quelli in prosa, si limitano ad enunciasplicitamente e concretamente quello che si desidera ottenere per loro tramite, altri esprimononsistenza quasi monotona la stessa idea, altri ancora non mancano di attrattiva poetica, mentreresentano con un realismo estremamente brutale. Oltre a quelli di contenuto magico, vi sono pnche componimenti destinati a fini sacri e che venivano utilizzati per determinati riti.

    Nell'Atharvaveda sono confluiti infine anche brani di contenuto teosofico e cosmogonico cheppartengono a un'epoca pi vicina a quella delle Upanisad, come quelli in cui si descrive lareazione del mondo (XIX, 6) o l dove si ricerca un principio primo (II, I) o come l'inno nei rappresenta il tempo (kala) come la base ultima dell'universo (XIX, 53). Anche la recitazion

    questi inni era spesso tuttavia associata all'esecuzione di determinati rituali magici. Non manca

    nella raccolta neppure cenni a fatti di probabile realt storica come nei versi (XX, 127, 7 e sedove il re Pariksit, che, in base alle testimonianze puraniche, si pu collocare intorno al 1400 aviene celebrato come portatore di pace e di prosperit ed rappresentato come ancora vivent

    La maggior attrattiva di questa raccolta resta tuttavia nel fatto che in essa affiora, per la primvolta nella letteratura indiana, quell'elemento magico che raggiunger pi tardi, verso la fine

    rimo millennio dell'era volgare, il suo pieno sviluppo nel tantrismo.L'uso di incantesimi e pratiche magiche rimase per lungo tempo proibito ed osteggiato, ma r

    empre una grande importanza. Addirittura, esso era prescritto ai sovrani, in certi particolarirangenti, anche da Kautaliya (III sec. d. C.), il cosiddetto Machiavelli indiano, nel suo trattato

    olitico, l'Arthasastra e da Vatsyayana (IV sec. d. C.), nel Kamasutra. E perfino Manu nel suo tdi leggi, il Dharmasastra (IV sec. d. C.), autorizza i brahmani all'uso di carmi atharvavedici cooro nemici.

    Gi verso la fine del periodo vedico, era stata affiancata all'Atharvaveda un'opera chiamata

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    Kausikasutra, una sorta di manuale magico che prende il nome dalla scuola sacerdotale dei Kahe l'hanno conservata. In questo manuale sono descritti molti dei rituali che erano accompagn

    dalla recitazione dei carmi atharvanici.L'intento che questi carmi perseguono , come ovvio, il raggiungimento di scopi pratici, u

    accolto abbondante, la buona salute e una lunga vita, la fortuna in amore e l'arte della seduzioecondit della donna e del bestiame, la vittoria nella contesa oratoria, nel gioco dei dadi o neattaglia, il rinsaldamento della concordia familiare, il successo nelle attivit commerciali, laicchezza, la prevalere sugli altri; si cercava anche di fare il male provocando la morte di un neendendo impotente un rivale in amore attraverso la recitazione di tremende maledizioni; i mali si voleva liberare con l'ausilio di questi inni erano i pi svariati: le malattie - soprattutto la fa tisi, l'idropisia, la lebbra -, ma anche le fratture e le ferite potevano essere guarite; potevano cacciati i demoni ed annullate le influenze malefiche che malvagi operatori di magia (yatudhasercitavano sugli altri; anche le colpe dovute a profanazioni o a cattive influenze di eventi inftraordinarii venivano cancellate dalla recitazione di apposite formule. Gli inni dell'Atharvavedrano dunque in grado, nella credenza dell'uomo vedico, di modificare il corso naturale degli e

    di influire su di essi provocando effetti sia risanatori sia malefici. L'efficacia di un incantesimoure la riuscita di un sacrificio, dipendeva dalle parole che lo accompagnavano e dalla correttaecitazione di esse. Proprio per questo motivo l'Atharvaveda fu affidato al sacerdote chiamatorahman, che, durante il sacrificio, doveva scongiurare, con apposite formule, l'effetto negativventuali errori di pronuncia che si verificassero da parte degli altri tre officianti, cio lo hotr "ibatore" che recitava le strofe del Rgveda, l'adhvaryu "l'accompagnatore" che pronunciava le f

    dello Yajurveda e l'udgatr "l'intonatore" che cantava le melodie del Samaveda. Questo fatto conon poco ad accrescere l'autorit del quarto Veda, che in certi testi era chiamato anche Brahmdal nome del sacerdote che lo recitava, e di quest'ultimo a cui fu attribuito il titolo di sarvavidonnisciente", in quanto egli dominava la conoscenza della parola formulare (brahman) che eraonsiderata il mezzo di coercizione pi potente di cui un mago-esorcista potesse disporre. La nfatti, secondo la concezione indiana ha funzione creatrice: la matrice dell'esistenza, non c

    diversa dalla sostanza che essa designa, ma anzi la realt stessa. Quindi conoscere la paroladire conoscere la sostanza e conoscere significava avere potere. Per questo motivo il primo inndell'Atharvaveda, quello che apre l'intera raccolta - e che gi nell'antichit portava un titolo,io "Il Primo" - un incantesimo per ottenere la perfetta conoscenza dei suoni della linguaanscrita: ad essi si allude con la formula, volutamente un po' sibillina:

    Dei tre volte sette che vanno attorno, portatori di tutte[le forme,il Signore della parola mi conceda oggi i poteri e le

    [ manifestazioni

    Questo inno veniva fatto recitare allo studente che si accingeva allo studio del Veda. Ilerimoniale prevedeva che il maestro legasse al collo del discepolo le lingue di tre uccelli noti oro abilit nell'imitare i suoni - e in particolar modo la voce umana - tra i quali il pappagallo

    gracula religiosa (o merlo indiano). Queste lingue venivano poi fatte mangiare allo studente in

    he acquistasse l'abilit di imitare correttamente ci che udiva (srutam) dal maestro.Colui che aveva la consapevolezza di conoscere la parola poteva arrivare addirittura a dichiVI, 61, 3):

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    Io ho generato la terra e il cielo,io ho generato le stagioni e i sette fiumi.Io con la mia parola rendo vero quello che non vero...

    L'orgoglio per il potere che tale conoscenza conferisce sottolineato dalla triplice ripetizionll'inizio di ogni verso del pronome "io", l'espressione del quale normalmente superflua inanscrito.

    Perch dunque una cosa si verificasse bastava dirla con le parole che il mago conosceva: eccn questi incantesimi si enunciano, come se stessero veramente realizzandosi in quel momento

    gli effetti che si vogliono provocare: "io perforo..." ", io frantumo...", "io esorcizzo...", "io facmorire..." sono espressioni usate con grande frequenza.

    I suoni che compongono la parola non sono casuali ma si riferiscono a determinati significaapporto tra parola e significato esiste infatti da sempre ed immutabile; in particolare eternmmutabile il rapporto tra il significato e i suoni che lo rappresentano, cio esiste un rapportoiunivoco tra il suono e l'oggetto designato. Questo fatto comporta che nell'Atharvaveda sianoarticolarmente frequenti peculiarit stilistiche di tipo fonetico, come la rima, l'allitterazione aronomasia, che ci permettono di riconoscere una composizione come inno magico in base alorma e alla tecnica versificatoria, oltre che in base al suo contenuto e all'uso al quale era desti

    Anche la ripetizione e il parallelismo sono espedienti retorici tra i pi frequenti negli inni. Qutilemi suggeriscono infatti un'idea di completezza e di esattezza che ulteriormente ricercata mpliata attraverso l'uso di formule polari e attraverso il procedimento dell'accumulo di sinoniarole comunque correlate dal punto di vista del significato. Per mezzo dell'enumerazione, che

    lunghissima e monotona, dei vari elementi da proteggere o dei mali da allontanare, chi recitancantesimo ha a disposizione il mezzo pi appropriato per raggiungere con esattezza e precisoggetto che persegue: per essere sicuri che nulla rimanga escluso dal procedimento magico, sreferisce enumerare tutte le parti che costituiscono una totalit piuttosto che la totalit stessorma sintetica.

    Uno dei campi preferiti di applicazione di questo particolare tipo di magia basata sulla parootta contro le malattie che, per l'indiano, costituiscono il pi frequente e il pi terribile dei fhe sono scatenati contro gli uomini dai demoni, suscitati ed evocati a loro volta dai malvagi

    yatudhana o "stregoni". Questi riti risanatori sono chiamati bhaisajyani "di guarigione": essi sondirizzati alle malattie stesse, immaginate come degli esseri demoniaci che assalgono l'uomo

    dall'esterno e se ne impossessano riducendolo in uno stato di prostrazione tale da portarlo alla

    Le malattie, allo stesso modo degli altri demoni e dei vermi, che come presso altri popoli sonodesignati come responsabili di stati di morbosit, sono immaginate ordinate in gerarchie e, aldegli uomini, legate fra loro da vincoli da parentela: cos la febbre, cui si rivolge col nome diTakman, chiamata il re delle malattie e ha la consunzione e la tosse come fratello e sorella e cabbia come cugina. Allo stesso modo i vermi, contro i quali vengono recitati numerosi incanono immaginati come maschi e come femmine e vengono menzionati il loro re e il loro goverltre ai loro fratelli, sorelle e genitori. Per cacciare queste entit malvagie e distruttrici e magacevano corso ad amuleti e a particolari erbe di cui vantavano la conoscenza e di cui intessevaome a divinit guerriere per ingraziarsele ed esortarle al combattimento contro i demoni e le

    treghe: si tratta per lo pi di piante dal forte profumo di cui tuttavia difficile compiereun'identificazione con piante reali.Per la parte in cui si occupa di scacciare le malattie l'Atharvaveda anche il pi antico libr

    medicina indiana e costituisce la migliore rappresentazione di medicina primitiva che ci sia pe

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    n una letteratura. Le malattie sono descritte attraverso i loro segni esteriori ed contro di quesl medico-esorcista interviene, poich per lui non esistono cause se non soprannaturali e non c'

    quindi da indagare sulla natura del male. La cura affidata alla recitazione di formule magicheccompagnata dall'uso di erbe ed amuleti, dirette a scacciare gli enti dannosi e i rimedi sono apecondo un principio di allopatia o di omeopatia: il bianco della lebbra curato con una piantaa febbre che brucia si cerca di scaricarla su una rana dalla pelle umida; il giallo dell'itterizia siresso uccelli dal giallo piumaggio, mentre si invoca sul paziente il colore rosso di un toro fulv

    Altre volte si cerca di trovare altre vittime per le creature demoniache che infestano un pazientnvitano i vari mali a trasferirsi presso nemici o popoli stranieri in modo che abbandonino queltanno tormentando.

    Fanno da naturale complemento agli inni contro le malattie quelli chiamati ayusyani "cheonferiscono lunga vita". Sono inni che si recitavano in momenti particolari della vita familiar

    nell'occasione del primo taglio di capelli o della prima rasatura o nei riti di iniziazione. In quesi chiedeva una vita lunga cento anni (saradh satam) e l'allontanamento dei rischi di una morterematura: per la concezione antico- indiana solo la marzo te per vecchiaia una morte naturaugurabile, le altre morti, che sono cento, e che comprendono sia quelle per mano altrui sia quausate dalle malattie, sono innaturali e pertanto vengono allontanate ed esorcizzate per mezzo

    numerosissimi incantesimiSempre intesi a favorire l'uomo, ma questa volta nei suoi beni e nelle sue attivit, vi sono g

    hiamati paustikani "di benedizione "che accompagnavano la costruzione di una casa, l'araturaampo o la semina, e con i quali il contadino il pastore o il mercante cercavano di ottenere fortrosperit.

    Di grande importanza sono poi anche gli inni espiatori (prayascittani), poich l'espiazione sendeva necessaria non solo nel caso di infrazioni a regole della morale o di trasgressioni relig

    del comportamento civile (quali, per esempio, il matrimonio di un fratello minore avvenuto priquello del maggiore), ma anche nel caso di sacrifici o cerimonie non compiute secondo le regonel caso di presagi infausti come il volo di qualche uccello malaugurante (ad esempio un piccii posasse sul focolare domestico) o il verificarsi di un parto gemellare nel bestiame o ancora l

    nascita di un bambino sotto una cattiva stella. Secondo la concezione indiana tutto ci che mmalattia o sfortuna, colpa o peccato - causato dagli spiriti maligni.

    All'influenza di entit demoniache attribuito anche l'insorgere di discordie familiare, cheotevano diventare causa di disgregazione di un'intera cerchia, esponendola agli attacchi di avvnemici.

    La coesione pi importante da restaurare era tuttavia quella tra marito e moglie: gli incantedestinati a questo scopo rientrano tra quelli chiamati strikarmani "riti delle donne", fra i quali sompresi quelli d'amore e quelli per avere figli, la cui vera finalit era procurare alla famiglia

    discendenza e la continuit, ma, soprattutto, figli maschi; questi soli infatti erano in grado dielebrare i riti che permettevano al capofamiglia, una volta morto, di raggiungere il posto che gpettava nel mondo dei Pitr.

    Due diversi tipi di incantesimi sono classificati tra i riti delle donne: il primo comprende quarattere pacifico ed augurale, atti a provocare il matrimonio e il concepimento di figli: con quormule si cercava di trovar marito a una fanciulla (II, 36) o una sposa ad un giovane (VI, 82)

    ppure si cercava di accelerare il pi possibile la fecondazione della donna per l'ottenimento iglio (III, 23), si invoca la protezione della gravidanza e la buona riuscita del parto stesso (VIl secondo tipo di incantesimi costituito invece da formule da maledizione contro i rivali in aIII, I8) e contro ci che poteva in qualche modo distruggere o disturbare la vita di coppia, com

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    gelosia e gli intrighi (VI, I38).Improntati a una certa violenza sono quegli inni intesi a costringere una persona ad amare c

    a sua volont: sono incantesimi in cui soprattutto una pianta dal dolce sapore (madugha) iner forzare l'innamoramento (I, 34).

    La difesa contro le persone o le entit malvagie si attuava attraverso la recitazione di innihiamati abhicarikani ("relativi agli incantesimi"): si tratta di esorcismi e maledizioni caratteriz

    un accanimento e una ferocia che non mancano di una certa attrattiva estetica, come ad esempiquelli contro la fattura (V, 14; IV, 17; IV, I8; V, 3I ), immaginata con fattezze e caratteristichumane e dagli affari terribili.

    In questi incantesimi nessuna differenza fatta tra demoni, malvagi stregoni e fattucchiere:di loro invocato Agni Dio del fuoco, perch li distrugga.

    Numerosi nomi di demoni, alcuni dal curioso significato, altri di etimologia inspiegabile, soammentati in questi inni. L'esorcista li pronuncia vantandosi di conoscerli e di averli scoperti;

    questo infatti il solo modo in cui potr dominarli e ridurli all'impotenza. Conoscere il nome dqualcuno significa infatti in magia aver presa su di lui, secondo la convinzione che il nome coion la persona che lo porta e non mai rappresentazione opposta alla realt, bens la realt

    Quindi per il mago qualunque operazione venga compiuta sul nome provoca effetto sulla perso significativo che ", pronunciare il nome in sanscrito si dica con un'espressione che tradottaetteralmente equivale a "afferrare il nome": grbhnati nama. Era cos sentito nell'India antica ilhe sul nome venissero operate pratiche malefiche che il cerimoniale per l'imposizione del nom

    neonato prevedeva che, oltre al nome detto "di saluto" o abihvadaniya, cio quello con il qualen seguito lo avrebbero chiamato, gli se ne desse anche un altro, che era poi quello vero, conosolo dai genitori e che doveva rimanere segreto, per evitare che persone malevole potessero user compiere malefici contro di lui. L'esorcista fa quindi di tutto per scoprire il nome degli esse

    demoniaci, mentre questi, da parte loro, fanno di tutto per tenerlo nascosto. Cos, come si impigni mezzo per stanare i demoni dalla tenebra nella quale si avvolgono per non essere riconoscllo stesso modo si fanno incantesimi per riuscire a sapere il loro nome. Un'altra particolariterminologico sottolinea e chiarisce ancora di pi l'importanza del nome e della parola nella mndiana; il fatto che il verbo che traduciamo con "esorcizzare" lo stesso che significa anchspiegare, fare un'etimologia": nirvacati. E` chiaro che se di un nome si conosce il vero significersona o l'essere che lo portano divengono privi di ogni difesa e sono alla merc di colui che d

    nome si impossessato (cio lo ha pronunciato). Quando il mago dunque arriva a conoscere i degli esseri da esorcizzare, se ne vanta proclamandoli. Ecco, per esempio, che, in un inno (VI

    er salvaguardare le donne incinte, viene passata in rassegna tutta una serie di mostri orrendi esseri demoniaci che insidiano le future madri cercando di farle abortire; lo scopo di questanumerazione nome per nome di esorcizzare questi demoni e permettere che la gravidanza gelicemente a termine. La serie lunghissima e i nomi fanno per lo pi riferimento a caratteriisiche mostruose e raccapriccianti, che insistono spesso sulla deformit degli organi sessualiimbolo di sterilit, o anche all'effetto malvagio che questi esseri intenderebbero provocare. Pra tutti viene evocato Durnaman, cio quello "Dal nome difficile da spiegare" poi Vatsapa "Quhe beve come un vitello", che quindi sottrae tutto il latte alla futura madre, Malimluca ilLadro" (ovviamente di feti), Palijaka "Quello che disturba vAsresa "Quello che avvolge" Vav

    Quello che abita nei vestiti, Rksagriva "Dal collo di orso", Tundika "Il fornito di grugno", KrQuello me mangia la carne cruda", Reriha "Quello che lecca", Kuksila il "Panciuto", KukubhGobbo", Karuma il "Lamentoso" , ed ancora vari altri demoni il cui nome si riferisce a stranbitudini come quella di danzare di sera intorno alle case, o di ragliare come asini belare come

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    di tirare calci nelle natiche alle donne. L'aspetto con cui vengono descritti terrificante: hannocca rossa di sangue, una gobba che supera in altezza il loro stesso corpo, corna nelle mani, unte dei piedi di dietro e i calcagni rivolti in avanti, i testicoli grandi come vasi, il pelo irsuto,apelli lunghi, e hanno inoltre due bocche, quattro occhi, e cinque piedi, e sono senza dita; striggrovigliandosi ed attorcigliandosi rie fuggono dal sole che con la sua luce li renderebbeiconoscibili. Contro tutti questi l'esorcista invoca Brahmanaspai, il Dio della parola perch liiconosca e, una volta svelato il loro nome, li annienti. La pronuncia e la spiegazione di tutti i s

    nomi uno per uno si unisce quindi con il procedimento dell'enumerazione che indicativodell'esigenza di riuscire a contenere tutta la realt cogliendola in ogni suo aspetto particolare ralasciare alcun elemento.

    Rientrano, infine, ancora nella tipologia degli inni magici quelli recitati per i re, in particolasorcismi contro i nemici e le benedizioni per accrescere la loro potenza: troviamo, tra questi, he si riferiscono alla consacrazione del sovrano che viene spruzzato con acqua santificata e faamminare su una pelle di tigre, simbolo di regalit.

    A riprova del fatto che gli inni atharvavedici erano stati brahmanizzati e quindi accolti nell'adell'ufficialit, vi poi tutta una serie di formule, atte a proteggere la sovranit e le prerogatdegli stessi brahmani. Attraverso il lancio di maledizioni tremende essi assicuravano alla loro cmmunit e privilegi, come il possesso indiscusso delle vacche che, attraverso il latte e il burrostituivano la principale fonte di cibo e erano patrimonio delle famiglie pi ricche che dovev

    darle ai sacerdoti come compenso per il compimento dei sacrifici. Tale prerogativa era stata fatdivenire da parte dei brahmani una legge naturale, per cui rovine e sciagure sarebbero capitate oloro che per stoltezza l'avessero infranta dimostrandosi non generosi nel dare le vacche a colpettavano per diritto divino. Allo stesso modo sacre ed inviolabili erano le loro propriet, daestiame alle mogli: il profanarle provocava un'enorme serie di eventi catastrofici.

    Il testo dell'Atharvaveda ci stato conservato in due redazioni: una quello chiamata Saunhe prende il nome dalla scuola Saunaka che l'ha tramandata; l pi conosciuta in Occidente

    meglio conservata; essa ci giunta, camere il Rgveda, provvista delle indicazioni degli accentorredata dalla versione padapatha; l'altra, la Paippalada dal nome di un mitico saggio Pippalad

    detta anche Kasmiriana dal luogo del ritrovamento del primo manoscritto su corteggia di betulonservata in maniera pi lacunosa, senza la segnatura degli accenti e senza il padapatha; con

    un numero maggiore di strofe (circa 6.500) e presenta una diversa disposizione del testo.L'ordinamento meno sofisticato e pi rudimentale degli inni indicativo di una maggiore antispetto alla Saunakiya e il testo che essa rappresenta spesso pi originale e pi autentico.

    SAVERIO SANI.

    NOTA BIBLIOGRAFICA

    L'edizione principale dell'Atharvaveda Atharvaveda (Saunaka) with the Pada-patha and

    Sayanacarya's commentary, a cura di VISHVA BANDHU in collaborazione con BHIM DEV,VIDYANIDHI e MUNISHVAR DEV, Hoshyarpur 1960-1964, di cui ora esiste la traslitterazioaratteri latini a cura di CH. ORLANDI, Gli inni dell'Atharvaveda (Saunaka), Giardini, Pisa 19

    un'altra edizione, Atharva-Veda-Samhita, a cura di R. ROTH e W.D. WHITNEY, Berlin 1855-

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    1924, rist. a Bonn 1966), presenta delle correzioni al testo che talora si sono seguite nella presraduzione.

    Tra le traduzioni complete, la pi attendibile quella di W.D. WHITNEY, Atharva-VedaSamhita. Translated with a Critical and Exegetical Commentary, a cura di W.D. Whitney, revisura di Ch. R. Lanman, Cambridge (Mass.) 1905 (rist. Delhi 1971); pi invecchiata invece

    di R.T.H. GRIFFITH, The Hymns of the Atharvaveda translated with a popular commentary, B895-1896 (rist. Benare 1916, 1968).

    Tra le traduzioni parziali possiamo citare: A. WEBER, Ertes Buch des Atharvaveda, in "IndStudien" XIII (1873), pp. 129- 216; ID., Drittes Buch des Atharvaveda, in "Indische Studien" X1855), pp. 177-314; ID., Viertes Buch des Atharvaveda, in "Indische STudien" XVIII (1898), 53; ID., Funftes Buch des Atharvaveda, in "Indische Studien" XVIII (1898), pp. 154-288; J. G

    Hudert Lieder des Atharva-Veda, 2 voll., Stuttgart 1888 (rist. Wiesbaden 1971); V. Henry, Le lVII et IX de l'Atharva-Veda, traduits et commentes, Paris 1894; ID., Les livres X, XI et XII deAtharva-Veda, traduits et comments, Paris 1896; M. BLOOMFIELD, Hymns of the Atharva=Sacred Books of the East, vol. 42), Oxford 1897 (rist. Delhi 1967).

    Traduzioni in italiano: V. PAPESSO, Inni dell'Atharva-Veda, Bologna 1933, ripubblicato, coggiornamenti bibliografici e l'aggiunta del testo a fronte, col titolo Atharvaveda. Il Veda delleormule magiche, a cura di P. ROSSI, Mimesis, Milano 1994; R. AMBROSINI, Magia e sapie

    dell'India antica. Inni dell'Atharva-Veda, CLUEB, Bologna 1984; CH. ORLANDI e S. SANI (di) Atharvaveda. Inni magici, UTET, Torino 1992.

    Opere di riferimento generale: A. BERGAIGNE, La religion vedique d'aprs les humnes duVeda, Paris 1878-1883 (rist. Paris 1963); M. BLOOMFIELD, The Atharva-Veda, Strassburg 1W. CALAND, Altindisches Zauberritual. Probe einer Ubersetzung der zichtigsten Theile des KSutra, Amsterdam 1900 (rist. Wiesbaden 1967); V. HENRY, La magie dans l'Inde antique, Pari

    903; A.A. MACDONELL e A.B. Keith, Vedic Index of Names and Subjects, Oxford 1912 (riDelhi 1967); S. SCHAYER, Die Struktur der magischen Weltanschauung nach dem Atharva-Vund den Brahmana-Texten, Munchen 1925; (rist. Delhi 1970); L. RENOU e J. FILLIOZAT, L'lassique. Manuel des etudes indiennes, Paris 1947-1949 (rist. Paris 1985); A. L. BASHAM, T

    Wonder that was India. A Survey of the culture of the Indian Sub-continent before the ComingMuslims, New York 1959; M. BUSSAGLI, Profili dell'India antica e moderna, Torino 1959; OBOTTO, Letterature antiche dell'India, Padova 1969; A. SEPPILLI, Poesia e magia, Torino 19GONDA, Vedic Literature: (Sambitas and Brahmanas), Wiesbaden 1975; M. STUTLEY e J.STUTLEY, A Dictionary of Hinduism. Its Mythology, Folklore and Development 1500, Londo

    977 (trad. it. Dizionario dell'induismo, a cura di G. MILANETTI, Roma 1980); M. STUTLEYAncient Indian Magic ad Folklore. An Introduction, London 1980; V. PISANI, Le letterature inanscrito, pali e pracrito, in V. PISANI e L.P. MISHRA, Le letterature dell'India, Milano 1993.

    Sulla storia, la cultura e la religione degli antichi indiani: H. ZIMMER, Altindisches Leben.ultur der vedischen Arier nach den samhitadargestellt, Berlin 1879; A.A. MACDONELL, Ved

    Mythology, Strassburg 1898 (rist. Delhi 1974); N. J. SHENDE, The Religion and Philosophy oAtharvaveda, Poona 1952 (rist. Poona 1985); J. GONDA, Die Religionem Indiens, I. Veda undlterer Hinduismusm Stuttgart 1960; A. T. EMBREE e F. WILHELM, Indien. Geschichte des

    Subkontinents von Induskultur bis wum der Beginn der englischen Herrschaft, Frankfurt 1967

    t. India. Dalla civilt dell'Indo fino all'inizio del dominio inglese, a cura di M. Attardo MagriMilano 1968); J. VARENNE, Cosmogonies vdiques, Paris 1982; A. SORRENTINO, Pertinentnolinguistiche nell'India vedica. Annali del Dipartimento di Studi del Mondo Classico e del

    Mediterraneo Antico. Sezione Linguistica", VI (1984), PP. 15-38.

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    Sulla medicina dell'Atharvaveda. A. F. HOERNLE, Studies in the Medicine of Ancient IndiOxford 1905; J. FILLIOZAT, Magie et mdicine, Paris 1943; E. BENVENISTE, La doctrine mdicale des Indo-Europens, in "Revue de l'histoire des religions" CXXX (1945), pp. 5-12; J.

    FILLIOZAT, Les sciences dans l'Inde antique, Paris 1955; T. BURROW, Sanskrit "jalasa", in WHenning Memorial Volume, London 1970, pp. 89-97; J. FILLIOZAT, La doctrine classique demdicine indienne; ses origines et ses parallles grecques, Paris 1975; K. G. ZYSK, ReligiousHealing in the Veda, Philadelphia 1985.

    Per gli elementi stilistici si veda: J. GONDA, Stylistic studies over Atharva-Veda I-VII,Wegeningen 1938; ID., Stylistic repetition in the Veda, Amsterdam 1959; S. SANI, Tecnicanumeratoria e potere magico del nome negli incantesimi dell'Atharvaveda, in Studi vedici e mndiani; Pisa 1981, pp. 101-138; ID., L'inno magico, in Atharvaveda. Inni magici, a cura di CH

    ORLANDI e S. SANI, cit., pp. 23-47; Id., La terra e la nuvola in un incantesimo per la pioggiaroposito di AV. VII, 19 (18), in "Studi e saggi linguistici" XXXII (1992), pp. 255- 270.

    Su singoli problemi: A. WEBER, Vesische Hochzeitspruche, in "Indische Studien" V (186277-266; S.K. LAL, Krtya, in "Purana" XVII (1975), PP. 52-62; R. LAZZERONI, Sscr. "urdhver un'etimologia staticia, in "Studi e saggi linguistici" XV (1975), pp. 20-35; S. SANI, Proposnterpretazione di sscr. "durnaman", in Studi vedici e medio-indiani, Pisa 1981, pp. 139- 152; T

    GOUDRIAN, Vedic "krtya" and the Terminology of Magic, in Sanskrit and World Culture, Be986, pp. 450-456; S. SANI, Valore semantico e identificazione di funzioni: il verbo "hanti" neRgveda" e nell'"Atharvaveda", in "Studi e saggi linguistici" XXX (1990), pp. 61-77; Id., "Mau la violence de la douceur, in "Bulletin d'Etudes Indiennes" VII-VIII (1989-1990), pp. 239-2

    NOTA AL TESTO

    La presente traduzione stata condotta sull'edizione Atharvaveda (Saunaka) with the Pada-nd Sayanacarya's commentary, a cur adi VISHVA BANDHU in collaborazione con BHIM DE

    VIDYANDHI e MUNSHVAR DEV, Hoshyarpur 1960-1964.La scelta di testi qui presentata tratta dal volume Atharvaveda. Inni magici, a cura di C.

    ORLANDI e S. SANI, UTET, cit., cui si rimanda per tutti i riferimenti a inni non compresi in q

    volume. Gli innni tradotti sono stati ordinati secondo un criterio antologico che li raggruppa inezioni. L'Indice dei passi tradotti d comunque conto della sequenza originaria nella Raccoltnomi propri e per i termini sanscriti si far riferimento al Glossario.

    Nel testo e nelle note sono state utilizzate le seguenti abbreviazioni:AV. = AtharvavedaRV. = RgvedaTaitt. Br. = Taittirya BrahmanaKaus. Su = Kausika SutraMbh. = Mahabharata

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    NOTE SULLA PRONUNCIA E LATRASLITTERAZIONE DELLE PAROLE SANSCRITE

    Le vocali a, i, u hanno pronuncia simile a quella italiana (tuttavia la a ha un suono pi vicinquello della vocale della parola inglese but); quando sono segnate a, i, u sono "lunghe" e hannouna durata maggiore; e e o sono sempre lunghe in quanto originari dittonghi; r una volcale e egge come nel nome sloveno di Trieste, Trst.

    Le consonanti non diacriticate hanno lo stesso valore che in intaliano tranne le seguenti:c = sempre palatale come nell'italiano pace anche davanti ad a, o e u: (es. candra "luna" si

    iandra);j = indica sempre la palatale sonora dell'italiano gelo (es. jata "nato" si legge giata);g = invece sempre velare anche davanti a i ed e (es. giri "montagna" si legge ghiri);s = sempre sorda come l's iniziale italiana anche quando tra vocali; h = indica

    un'aspirazione sia da sola (es. maha - "grande") che dopo altre consonanti (es. yatha "come").Inoltre il gruppo -gn non va letto come nell'italiano agnello, ma comenel tedesco regnen.Consonanti diacriticate:n = si pronuncia come la -n- di italiano angolo;t, d = si pronunciano come la t e la d dell'inglese (es. table, door) o del siciliano beddu;n = si pronuncia come la n italiana, ma con la lingua rivolta verso il palato;s, S = si pronunciano come sc- di italiano scena;

    L'accento normalmente sulla penultima sillaba se questa contiene una vocale lunga o una davanti a pi di una consonante, altrimenti sulla terz'ultima. Le parole composte si accentanull'ultimo membro del composto.

    ATHARVAVEDAInni magici

    LA POTENZA MAGICA DELLA PAROLA

    Questa prima breve sezione contiene carmi che celebrano la sacra sapienza dei brahmani,ramandata di generazione in generazione all'interno delle famiglie dei veggenti, simboleggiataarola che con il suo potere magico in grado di portare a buon fine ogni esorcismo e di prom

    qualunque azione tanto benefica quanto malefica.

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    Il possesso e il mantenimento di questa sacra sapienza era motivo di vanto per chi sapeva e ervirsene, in quanto poteva ricavarne fortuna e ricchezza ed ogni sorta di vantaggi per s e perltri. Chi possedeva il potere mentale derivato dalla conoscenza della parola poteva dichiarare ver generato cielo e terra e tutto quanto il mondo e poteva permettersi di affermare ci che vome ci che non vero; lui solo era in grado di ottenere lunga vita tra gli dei.

    Il potere magico della parola era dunque un bene molto grande: come per tutti gli altri beni mplorava allora la concessione da parte degli dei; ma si temeva anche di perderlo: in questo caecitavano allora delle formule che permettessero di recuperarlo.

    PER OTTENERE LA CONOSCENZA SACRA

    Quest'inno, che apre l'intera raccolta dell'Atharvaveda, solitamente citato dalla tradizionendiana col nome di "primo" (purva) ed impiegato nella cerimonia per la "produzione dellaapienza" (medhajanana).

    (I, I)

    1

    Dei tre volte sette che vanno attorno, portatori di tutte le forme , il Signore della parola dellonceda oggi i poteri e le manifestazioni.

    2

    Torna, o Signore della parola, con la tua mente divina. Fai restare in me e sia in me, proprioa sapienza divina .

    3

    Ecco proprio qui agganciala a me come gli estremi dell'arco con la corda. Che il Signore dearola mi dia i suoi doni. Sia proprio in me la sapienza divina.

    4

    Abbiamo invocato il Signore della parola; che il Signore della parola invochi ora noi. Uniamlla sapienza divina. Possa io non essere privato della sapienza divina!

    LA POTENZA DELL'ESORCISTAE` il vanto di chi conosce e sa applicare il potere magico della parola sacra.

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    (VI, 61)

    1

    Che le acque mi portino ci che dolce; il sole me l'ha portato per darmi la luce. Che gli deiquelli che sono nati dalla penitenza e il Dio Savitr mi concedano ampio spazio.

    2

    Io ho creato in tutta la loro estensione la terra e il cielo; io ho generato le sette stagioni tuttensieme. Io con la mia parola rendo vero quello che non vero; io mi rivolgo alla divina parola

    genti.

    3Io ho generato la terra e il cielo, io ho generato le stagioni e i sette fiumi. Io con la mia paro

    endo vero quello che non vero, io che ho goduto di Agni e Soma come compagni.

    PER AVERE POTERE MENTALE

    (VI, 108)

    1

    Tu, o potere mentale, vieni per primo a noi con le vacche e i cavalli, tu con i raggi del sole: er noi degno di sacrificio.

    2

    Io invoco, per avere l'aiuto degli dei, per primo il potere mentale che si ottiene con la formurovocato con la formula, celebrato dagli rsi, assimilato dagli studenti dei veda.

    3

    Quel potere mentale che conoscono gli Rbhu, quel potere mentale che gli Asura conoscono,plendido potere mentale che gli rsi conoscono, facciamolo entrare in me.

    4

    Con quel potere mentale che gli rsi creatori, provvisti di potere mentale conoscono, con queotere mentale tu ora, o Agni, rendimi pieno di potere mentale.

    5Facciamo entrare in me con la formula il potere mentale alla sera, il potere mentale alla mat

    otere mentale verso la met del giorno, con i raggi del sole.

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    PER RECUPERARE IL MAGICO POTERE DELLA PAROLA

    (VII, 68 [66 ]

    1

    Se andato a finire nell'atmosfera, se andato nel vento, se andato tra gli alberi o se anra i cespugli: che questo potere della parola, che gli animali hanno udito mentre veniva pronunitorni da noi.

    LA POTENZA DEL BRAHMANO

    Esaltazione della potenza del brahmano che, grazie alla sua conoscenza, il solo in grado dttenere espiazione o favori. E` usato come incantesimo per ottenere ogni sorta di benefici.

    (VII, 108 [103])

    Quale ksatriya desiderando benessere ci risollever da questa biasimevole calunnia? O chidesideroso di sacrificio, o chi che desideroso di elargizioni, chi ottiene lunga vita fra gli de

    MALEDIZIONI

    In questa sezione sono stati raccolti quegli incantesimi di magia nera che hanno come fine drocurare il male a quelli che negli inni sono pi volte definiti "coloro che ci odiano e che noi

    diamo". Si tratta degli avversari, nei nemici personali, dei rivali in vari campi - soprattutto in di cui si desidera la morte e la distruzione per difendersi dalla loro volont di cuocere.Per raggiungere i propri scopi ci si rivolge per aiuto a divinit per altro benevole come Ind

    viene invocato perch frantumi e distrugga i nemici con il suo vajra, Agni perch li bruci con lavampa o le acque perch concedano indifferenziata e vigore. Altre volte sono invocate invece edemoniache come Nirrti e Grahi oppure si ricorre ad amuleti costruiti con l'erba darbha che mfficace nella lotta contro i rivali. I mali che si augurano a "chi ci odia" sono i pi svariati: si v

    dalla frantumazione della testa alla castrazione; dallo sprofondamento negli abissi pi profonll'allontanamento per le strade pi lontane; ma l'augurio pi frequente che si rivolge al nem

    a morte, provocata nelle forme e con i mezzi pi disparati.Anche i brahmani ricorrono alla magia nera per difendere i privilegi di cui sono detentori;gravissime maledizioni sono infatti lanciate verso coloro che intendano ledere le loro prerogati

    Gli inni X,5 , XVI,6, XVI,7 e XVI,8 sono stati messi all'inizio della sezione perch fornisc

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    sempi di maledizioni pi generiche, valide per qualunque tipo di rivale e perch contengonodire, un campionario di tutti i mali che si possono augurare.

    Il gruppo di inni che seguono costituiscono come casi particolari di maledizioni che colpiscnemico ora in un modo, ora in un altro.

    Seguono poi gli inni tesi a salvaguardare i privilegi dei brahmani ed infine due inni che, perorma composita, sono stati sistemati alla fine di questa sezione.

    MALEDIZIONI TREMENDE

    Gli inni, X, 5, XVI, 6, XVI, 7 e XVI, 8 sono tremende maledizioni contro rivali, nemiciutti coloro che abbiano intenzioni malvagie.

    La volont di colpire la persona odiata si manifesta in lunghe serie di attacchi che hanno pia il danno fisico (castrazione, malattie, morte), sia l'impedimento del nemico nella realizzazio

    delle proprie intenzioni.L'esclusione dagli elementi naturali come terra, acqua, atmosfera, cielo, spazio o dalle

    manifestazioni essenziali della vita pubblica e privata come i sacrifici o la recitazione dei versiormulari o, infine, dalle funzioni vitali come il respirare e il mangiare il mezzo con cui constrema precisione analitica ci si augura la morte dell'avversario.

    L'inno XVI, 8 costituito dalla ripetizione ossessiva per ben 27 volte della stessa formula maledizione in cui varia di volta in volta soltanto l'entit a cui si chiede di provocare la morte

    ersona odiata.

    (X, 5)

    1

    Voi siete la forza di Indra; voi siete il potere di Indra; voi siete l'energia di Indra; voi siete laotenza virile di Indra; voi siete l'eroismo di Indra; io vi unisco con le unioni della formula per

    unione vittoriosa.

    2

    Voi siete la forza di Indra; voi siete il potere di Indra; vi siete l'energia di Indra; voi siete laotenza virile di Indra; voi siete l'eroismo di Indra: io vi unisco con le unioni del potere per unvittoriosa.

    3

    Voi siete la forza di Indra; voi siete il potere di Indra; voi siete l'energia di Indra; voi siete laotenza virile di Indra; voi siete l'eroismo di Indra: io vi unisco con le unioni di Indra per un'u

    vittoriosa.

    4

    Voi siete la forza di Indra; voi siete il potere di Indra; voi siete l'energia di Indra; voi siete la

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    otenza virile di Indra; voi siete l'esorcismo di Indra: io vi unisco con le unioni di Soma per unvittoriosa.

    5

    Voi siete la forza di Indra; voi siete il potere di Indra; voi siete l'energia di Indra; voi siete laotenza virile di Indra; voi siete l'eroismo di Indra; io vi unisco con le unioni delle acque per

    un'unione vittoriosa.

    6

    Voi siete la forza di Indra; voi siete il potere di Indra; voi siete l'energia di Indra; voi siete laotenza virile di Indra; poi siete l'eroismo di Indra: che tutti gli esseri siano a mia disposizione

    un'unione vittoriosa. Voi siete unite a me, o acque.

    7

    Voi siete la parte di Agni, l'essenza delle acque, o Acque celesti. Ponete in noi vigore vitale.mezzo della funzione di Prajapati io vi depongo per questo mondo.

    8

    Voi siete la parte di Indra, l'essenza delle acque, o Acque celesti. Ponete in noi vigore vitalemezzo della funzione di Prajapati io vi depongo per questo mondo.

    9

    Voi siete la parte di Soma, l'essenza delle acque, o Acque celesti. Ponete in noi vigore vitalemezzo della funzione di Prajapati io vi depongo per questo mondo.

    10

    Voi siete la parte di Varuna, l'essenza delle acque, o Acque celesti. Ponete in noi vigore vita

    Per mezzo della funzione di Prajapati io vi depongo per questo mondo.11

    Voi siete la parte di Mitra e Varuna, l'essenza delle acque, o Acque celesti. Ponete in noi vigvitale. Per mezzo della funzione di Prajapati io vi depongo per questo mondo.

    12

    Voi siete la parte di Yama, l'essenza delle acque, o Acque celesti. Ponete in noi vigore vitalemezzo della funzione di Prajapati io vi depongo per questo mondo.

    13

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    Voi siete la parte dei Padri, l'essenza italiane acque, o Acque celesti. Ponete in noi vigore viPer mezzo della funzione di Prajapati io vi depongo per questo mondo.

    14Voi siete la parte del Dio Saviatr, l'essenza delle acque, o Acque celesti. Ponete in noi vigore

    vitale. Per mezzo della funzione di Prajapati io vi depongo per questo mondo.

    15

    Quella che di voi, o Acque, la parte delle acque all'interno delle acque relativa alla formulacrificale, che serve per l'oblazione io ora la faccio scorrere: possa non lavarmici. Noi la facciassare su colui che ci odia e che noi odiamo: possa io ucciderlo, possa io abbatterlo con questormula, con questo atto, con questa arma.

    16

    Quello che di voi, o Acque, il flusso delle acque all'interno delle acque relativo alla formuacrificale, che serve per l'oblazione io ora lo faccio scorrere: possa non lavarmici. Noi lo faccassare su colui che ci odia e che noi odiamo: possa io ucciderlo, possa io abbatterlo con questormula, con questo atto, con questa arma.

    17

    Quello che di voi, o Acque, il vitello delle acque all'interno delle acque relativo alla formuacrificale, che serve per l'oblazione io ora lo faccio scorrere: possa non lavarmici. Noi lo faccassare su colui che ci odia e che noi odiamo: possa io ucciderlo, possa io abbatterlo con questormula, con questo atto, con questa arma.

    18

    Quello che di voi, o Acque, il toro delle acque all'interno delle acque relativo alla formulaacrificale, che serve per l'oblazione io ora lo faccio scorrere: possa non lavarmici. Noi lo facc

    assare su colui che ci odia e che noi odiamo: possa io ucciderlo, possa io abbatterlo con questormula, con questo atto, con questa arma.

    19

    Quello che di voi, o Acque, l'embrione d'oro delle acque all'interno delle acque relativo alormula sacrificale, che serve per l'oblazione io ora lo faccio scorrere: possa non lavarmici. Noacciamo passare su colui che ci odia e che noi odiamo: possa io ucciderlo, possa io abbatterlo

    questa formula, con questo atto, con questa arma.

    20

    Quella che di voi, o Acque, la divina e variopinta pietra delle acque all'interno delle acque

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    elativa alla formula sacrificale, che serve per l'oblazione io ora la faccio scorrere: possa nonavarmici. Noi la facciamo passare su colui che ci odia e che noi odiamo: possa io ucciderlo, pbbatterlo con questa formula, con questo atto, con questa arma.

    21

    Quelli che di voi, o Acque, sono i fuochi delle acque all'interno delle acque relativi alla formacrificale, che servono per l'oblazione io ora li faccio scorrere: possa non lavarmici. Noi li facassare su colui che ci odia e che noi odiamo: possa io ucciderlo, possa io abbatterlo con quest

    questo atto, con questa arma.

    22

    Qualunque cosa di falso noi abbiamo detto da tre anni a questa parte, che le acque mi protegda ogni pericolo e dall'angoscia.

    23

    Io vi spingo verso l'oceano, andate nella vostra sede, senza subire danni per interi anni. Chei danneggi in nessun caso.

    24

    Le acque non sono contaminate: portino via da noi la contaminazione, via da noi il peccato,noi il pericolo, esse dal bell'aspetto; portino via da noi il cattivo sogno, via da noi l'impurit.

    25

    Tu sei il passo di Visnu, sei quello che uccide i rivali, suscitato dalla terra, con l'energia di Ao vado dietro alla terra. Dalla partecipazione della terra escludiamo colui che ci odia e che noidiamo possa egli non vivere, lo abbandoni il soffio vitale.

    26

    Tu sei il passo di Visnu, sei quello che uccide i rivali, suscitato dall'atmosfera, con l'energia Vayu. Io vado dietro all'atmosfera. Dalla partecipazione dell'atmosfera escludiamo colui che cihe noi odiamo.

    Possa egli non vivere, lo abbandoni il soffio vitale.

    27

    Tu sei il passo di Visnu, sei quello che uccide i rivali, suscitato dal cielo, con l'energia del S

    vado dietro al cielo. Dalla partecipazione del cielo escludiamo colui che ci odia e che noi odiamPossa egli non vivere, lo abbandoni il soffio vitale.28

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    Tu sei il passo di Visnu, sei quello che uccide i rivali, suscitato dai punti cardinali, con l'enedella mente. Io vado dietro ai punti cardinali. Dalla partecipazione dei punti cardinali escludiamolui che ci odia e che noi odiamo. Possa egli non vivere, lo abbandoni il soffio vitale.

    29

    Tu sei il passo di Visnu, sei quello che uccide i rivali, suscitato dallo spazio, con l'energia devento. Io vado dietro allo spazio. Dalla partecipazione dello spazio escludiamo colui che ci odinoi odiamo. Possa egli non vivere, lo abbandoni il soffio vitale.

    30

    Tu sei il passo di Visnu, sei quello che uccide i rivali, suscitato dai versi, con l'energia dei cavado dietro ai versi. Dalla partecipazione dei versi escludiamo colui che ci odia e che noi odiamPossa egli non vivere, lo abbandoni il soffio vitale.

    31

    Tu sei il passo di Visnu, sei quello che uccide rii vali, suscitato dal sacrificio, con l'energia dormula. Io vado dietro al sacrificio. Dalla partecipazione del sacrificio escludiamo colui che che noi odiamo per possa egli non vivere, lo abbandoni il soffio vitale.

    32

    Tu sei il passo di Visnu, sei quello che uccide i rivali, suscitato dalle erbe, con l'energia di So vado dietro alle erbe. Dalla partecipazione delle erbe escludiamo colui che ci odia e che noidiamo. Possa egli non vivere, lo abbandoni il soffio vitale.

    33

    Tu sei il passo di Visnu, sei quello che uccide i rivali, suscitato dalle acque con l'energia diVaruna. Io vado dietro alle acque. Dalla partecipazione delle acque escludiamo colui che ci odinoi odiamo. Possa egli non vivere, lo abbandoni il soffio vitale.

    34

    Tu sei il passo di Visnu, sei quello che uccide i rivali, suscitato dall'aratura, con l'energia delo vado dietro all'aratura. Dalla partecipazione dell'aratura escludiamo colui che ci odia e che ndiamo. Possa egli non vivere, lo abbandoni il soffio vitale.

    35

    Tu sei il passo di Visnu, sei quello che uccide i rivali, suscitato dal soffio vitale, con l'energi

    dell'uomo. Io vado dietro al soffio vitale. Dalla partecipazione del soffio vitale escludiamo colui odia e che noi odiamo. Possa egli non vivere, lo abbandoni il soffio vitale.

    36

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    Noi possediamo ci che abbiamo conquistato, noi possediamo ci che venuto alla luce. Io confitto tutti i malvagi che combattono contro di noi. Di "X", discendente di "Y", figlio di maZ"1 ora il vigore e l'energia vitale avvolgo, ora in respiro e la vita: lo faccio cadere all'ingi.

    37

    Io seguo il corso del sole, il suo corso verso destra. Me questa direzione mi procuri ricchezzrocuri un vigore vitale da brahmano.

    38

    Io mi volgo verso i punti cardinali pieni di luce. Che essi mi procurino ricchezza, mi procurvigore vitale da brahmano.

    39

    Io mi volgo verso i sette rsi. Che essi mi procurino ricchezza, mi procurino un vigore vitale rahmano.

    40

    Io mi volgo verso la formula. Che essa mi procuri ricchezza, mi procuri un vigore vitale darahmano.

    41

    Io mi volgo verso i brahmani. Che essi mi procurino ricchezza, mi procurino un vigore vitalrahmano.

    42

    Quello a cui diamo la caccia possiamo abbatterlo con armi di morte. Noi lo abbiamo fatto ca

    nella bocca spalancata di Agni che sta pi in alto.43

    La freccia lo ha colpito con le zanne di Vaisvanara. Che lo divori questa offerta e il potentisdivino combustibile.

    44

    Tu sei il legame del re Varuna. Lega allora "X", discendente di "Y", figlio di madre "Z" nel

    nel respiro.

    45

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    Di quel tuo cibo, o Signore dell'atmosfera, che sta sulla terra, concedine a noi, o Signoredell'atmosfera, o o Prajapati.

    46

    Io ho reso onore alle acque celesti: con il loro liquido ci siamo bagnati. Io son venuto, o Agnicco di latte: forniscimi ora di vigore vitale.

    47

    Forniscimi, o Agni, di vigore vitale, di prole e da vita. Possano gli dei conoscermi in questoossa Indra conoscermi insieme con gli rsi.

    48

    Con quelle maledizioni, o Agni, che oggi i due2 potrebbero lanciare in coppia, con quelle asarole che chi maledice pronuncia, con quella freccia che nata dalla furia della mente perforatregoni nel cuore.

    49

    Frantuma e caccia via con il calore, o Agni, gli stregoni; frantuma e caccia via con la fiammdemone; frantuma e caccia via gli adoratori dei falsi dei, frantuma e caccia via quei fuochi mo

    rillanti che si cibano di vite.

    50

    Io che so lancio il vajra delle acque dalle quattro punte per spezzare la testa a quest'uomo; sutte le sue membra. Che gli dei me lo consentano.

    (XVI, 6)

    1

    Oggi siamo risultati vincitori, oggi abbiamo vinto, oggi siamo divenuti senza colpa.

    2O aurora, svanisca quel cattivo sogno di cui abbiamo avuto paura.

    3

    Portalo lontano a colui che ci odia, portalo lontano a colui che ci maledice.

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    4

    Lo facciamo andare da colui che odiamo e che ci odia.

    5

    La divina aurora in accordo con la formula; la divina formula in accordo con l'aurora.

    6

    Il signore dell'aurora in accordo col signore della formula; il signore della formula in acol signore dell'aurora.

    7

    Essi portino lontano da qui verso "X" gli araya, i durnaman, le sadanva,

    8

    le kumbhika, le dusika, i piyaka3,

    9

    il brutto sogno in stato di veglia, il brutto sogno durante il sonno,

    10

    i desideri che non si avverano, i desideri di povert, i legami dell'odio da cui non ci si puiberare:

    11

    tutto ci verso "X", o Agni, gli dei portino lontano da qui, affinch questi sia un castrato, unovacilla, un incapace.

    (XVI, 7)

    1

    Con questo4 lo perforo, con uno strumento di disgrazia lo perforo, con un mezzo di annient

    o perforo, con la sfortuna lo perforo, per mezzo di Grahi lo perforo, con la tenebra lo perforo.2

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    Lo faccio comparire al mio cospetto con i terribili e crudeli ordini degli dei.

    3

    Lo pongo tra le due zanne di Vasivanara.

    4

    Cos, non cos possa essa inghiottirlo.

    5

    Quello che ci odia sia in odio a se stesso; quello che noi odiamo sia in odio a se stesso.

    6

    Escludiamo colui che ci odia dalla partecipazione del cielo, della terra, dell'atmosfera .

    7

    O tu dai buoni cammini, o tu provvisto di vista ,

    8

    io caccio via questo cattivo sogno su "X", discendente di "Y", figlio della madre "Z".

    9

    Da ci che ho intrapreso in ogni occasione, da ci che ho intrapreso di sera, da ci che ho intul far della notte,

    10

    da ci che ho intrapreso da sveglio, da ci che ho intrapreso da addormentato, da ci che hontrapreso di giorno, da ci che ho intrapreso di notte,

    11

    da ci che di giorno in giorno intraprendo, da tutto questo io elimino costui.

    12

    Abbattilo, divertitici, spezzagli le costole .13

    Che egli non viva, che lo spirito vitale lo abbandoni.

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    (XVI, 8)

    1

    1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luce; ossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale, noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame, noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre

    he "X".3. Egli non sia liberato dal laccio di Grahi.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo, ora lo faccio cadere all'in

    2

    5. 1 Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla lucossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi proviamo "X": quell'" X" discendente di "Y", figlio di madre

    he "X".3. Egli non sia liberato dal laccio di Nirrti.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    .

    3

    6. 1 Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luceossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini.

    2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre " "X".3. Egli non sia liberato dal laccio dell'annientamento.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    4

    7. 1 Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luceossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale, noi possediamo la formula; noi possediam

    ole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi possegli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre

    he "X".

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    3. Egli non sia liberato dal laccio del dissolvimento. 4. Di lui il vigore e l'energia vitale, iespiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'ingi.

    5

    8. 1 Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla lucossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre

    he "X".3. Egli non sia liberato dal laccio della sventura.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    6

    9. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla lucossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale, noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli, noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre "

    "X".3. Egli non sia liberato dal laccio delle sorelle degli dei.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    7

    10.1 Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla lucossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre

    he "X".

    3. Egli non sia liberato dal laccio di Brhaspati.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo; ora lo faccio cadere all'in

    8

    11. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:

    2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre " "X".3. Egli non sia liberato dal laccio di Prajapati.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

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    12. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre "

    "X".3. Egli non sia liberato dal laccio degli rsi.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    10

    13. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'" X" discendente di "Y", figlio di madre "

    he "X".3. Egli non sia liberato dal laccio dei discendenti degli rsi.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    11

    14. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre "

    "X".3. Egli non sia liberato dal laccio degli Angiras.4 . Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    1215. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla lu

    ossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre "

    "X".3. Egli non sia liberato dal laccio dei discendenti dei degli Angiras.

    4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in13

    16. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla lu

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    ossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre "

    "X".3. Egli non sia liberato dal laccio degli Atharvan.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    14

    17. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre "

    "X".3. Egli non sia liberato dal laccio dei discendenti degli Atharvan.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    15

    18. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'" X" discendente di "Y", figlio di madre "

    he "X".3. Egli non sia liberato dal laccio degli alberi signori della foresta.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    16

    19. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla lu

    ossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi possegli uomini:

    2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre " "X".

    3. Egli non sia liberato dal laccio di quelli che derivano dagli i signori della foresta.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    17

    20.1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla lucossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:

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    2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'" x" discendente di "Y", figlio di madre" "X".

    3. Egli non sia liberato dal laccio delle stagioni.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    18

    21. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'" X" discendente di "Y", figlio di madre "

    he "X".3. Egli non sia liberato dal laccio dei periodi formati dalle stagioni.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    19

    22. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre "

    he e "X".3. Egli non sia liberato dal laccio dei mesi.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    20

    23. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:

    2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'" X" discendente di "Y", figlio di madre "he "X".3. Egli non sia liberato dal laccio dei mezzi mesi.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    2125. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla lu

    ossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre " "X".

    3. Egli non sia liberato dal laccio delle due parti in cui diviso il giorno.

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    4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    23

    26. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre "

    "X".3. Egli non sia liberato dal laccio del Cielo e della terra.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    24

    27. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio, noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre "

    "X".3. Egli non sia liberato dal laccio di Indra e Agni.4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

    25

    28. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci e venuto alla luce; nossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre "

    "X".3. Egli non sia liberato dal laccio di Mitra e Varuna.

    4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in26

    29. 1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla luossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'"X" discendente di "Y", figlio di madre "

    "X".3. Egli non sia liberato dal laccio del re4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere all'in

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    27

    30.1. Noi possediamo ci che abbiamo conquistato; noi possediamo ci che venuto alla lucossediamo l'ordine; noi possediamo l'energia vitale; noi possediamo la formula; noi possediamole; noi possediamo il sacrificio; noi possediamo il bestiame; noi possediamo i figli; noi posse

    gli uomini:31. 2. del possesso di tutto ci noi priviamo "X": quell'" X" discendente di "Y", figlio di mad

    he "X".32. 3. Egli non sia liberato dal legame e dal laccio della morte.33. 4. Di lui il vigore e l'energia vitale, il respiro e la vita ora avvolgo: ora lo faccio cadere a

    .

    MALEDIZIONE CONTRO UNA FANCIULLA

    Terribile maledizione contro una fanciulla da parte, forse, di una rivale in amore che le augudi sposarsi, ma con il Dio dei morti.

    (I, 14)

    1

    Io ho preso la fortuna e la bellezza di lei come una ghirlanda da un albero. Come una montdalla larga base, risieda tra i Padri per lungo tempo.

    2

    Questa ragazza, o re Yama, sia inviata a te come sposa. Essa sia legata nella casa della madrratello e del padre.

    3

    Costei sia la tua padrona di casa, o re, noi te la affidiamo. Costei stia per lungo tempo con i

    inch non le si stacchi la testa.4

    Con la formula di Asita, di Ksyapa e di Gaya, io chiudo la tua fortuna come le altre sorellehiudono la dispensa.

    CONTRO CHI DANNEGGIA UN INCANTESIMO

    Il nemico contro cui lanciata questa tremenda maledizione qualcuno che si macchia di uolpa ben precisa: danneggiare l'incantesimo di un altro perch questo non possa portare gli effperati da chi lo compie.

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    (II, 12)

    1

    Il cielo e la terra, l'ampia atmosfera, la signora del campo, il meraviglioso che procede per aassi e l'ampia atmosfera protetta dal vento possano essi infiammarsi se io mi infiammo (di fu

    2

    Questo ascoltate, o dei che siete degni di sacrificio! Bharadvaja canta inni per me. Costui cdanneggia il nostro intento, legato in ceppi, sia perseguitato dalla disgrazia.

    3

    O Indra bevitore di Soma, ascolta questa mia preghiera, quando io ti invoco con il cuore ardo spezzo colui che danneggia il nostro intento come si spezza un albero con l'ascia.

    4

    Con i duecentoquaranta cantori di saman, con gli Aditya, i Vasu e gli Angiras il merito che i sono conquistati col sacrificio ci aiuti: io prendo quello con la divina fiamma .

    5

    O cielo e Terra, abbiate cura di me. O dei tutti, prendetemi sotto la vostra custodia. O AngirPadri, degni di soma, vada in malora colui che fa cose odiose.

    6

    O Marut, che le trame di colui che ci disprezza o colui che denigrer la nostra formula menviene recitata si risolvano in altrettante fiamme per lui. Il cielo incenerisca colui che odia la noormula.

    7Io spezzo con la formula i tuoi sette respiri e i tuoi otto midolli. Tu te ne andrai alla sede di Y

    reparato come un'offerta preannunciata da Agni.

    8Io pongo il tuo passo sul fuoco acceso: il fuoco penetri nel tuo corpo e la tua voce svanisca i

    offio.

    CONTRO I NEMICI

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    Brevi e concise invocazioni d'aiuto contro un nemico. Questo gruppo di cinque inni, tutti ugnella struttura caratterizzato dalla formularit e dall'insistenza nella ripetizione del fine pers

    (II, 19)

    1

    O Agni, con il calore che tuo brucia contro chi ci odia e che noi odiamo.

    2

    O Agni, con la fiamma che tua brucia contro chi ci odia e che noi odiamo.

    3

    O Agni, con lo splendore che tuo splendi contro chi ci odia e che noi odiamo.

    4

    O Agni, con l'ardore che tuo ardi contro chi ci odia e che noi odiamo.

    5

    O Agni, con il vigore che tuo rendi senza vigore chi ci odia e che noi odiamo.

    (II, 20)

    1

    O Vayu, con il calore che tuo brucia contro chi ci odia e che noi odiamo.

    2O Vayu, con la fiamma che tua brucia contro chi ci odia e che noi odiamo.

    3O Vayu, con lo splendore che tuo splendi contro chi ci odia e che noi odiamo.

    4

    O Vayu, con l'ardore che tuo ardi contro chi ci odia e che noi odiamo.5

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    O Vayu, con il vigore che tuo rendi senza vigore chi ci odia e che noi odiamo.

    (II, 21)

    1

    O Sole, con il calore che tuo brucia contro chi ci odia e che noi odiamo.

    2

    O Sole, con la fiamma che tua brucia contro chi ci odia e che noi odiamo.

    3

    O Sole, con lo splendore che tuo splendi contro chi ci odia e che noi odiamo.

    4

    O Sole, con l'ardore che tuo ardi contro chi ci odia e che noi odiamo.

    5

    O Sole,


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