sutra del loto

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Sutra del Loto: I capitolo Il primo capitolo del Sutra del Loto si avvia con un prologo che descrive un'assemblea dei monaci riuniti a Gṛdhrakūṭa (Picco dell'avvoltoio, montagna esistente in India situata nei pressi di Rajgir , nello stato indiano del Bihar ), dove, secondo il Buddhismo Mahāyāna , il Buddha Śākyamuni avviò gli insegnamenti dei Prajñāpāramitā Sūtra . Il prologo inizia con la dichiarazione "Così ho udito" (sanscrito : एएए एएए एएएएएएए Evam mayā śrutam), propria dei sutra la cui esposizione si attribuisce al Buddha Śākyamuni . Il Buddha ha appena terminato di esporre il Sutra dell'Infinito Significato (sanscrito : Anuttarâśraya-sūtra, pinyin : Wúliángyì jīng, T.D. 276, 9.383b- 389b) al termine del quale entra in un profondo samadhi e l'intera assemblea viene inondata di fiori di māndārava, di grandi māndārava, di mañjūṣaka e di grandi mañjūṣaka [1] . A questo punto dalle sue sopracciglia viene sprigionata una luce (la ūrṇā-keśa, uno dei Trentadue segni maggiori di un Buddha ) che illumina i diciottomila mondi ad Oriente, raggiungendo i territori celestiali come gli inferi. Questo consente, ai monaci e agli altri esseri convenuti, di vedere i Buddha e gli esseri di quei mondi attivarsi in azioni religiose. A questo punto il bodhisattva Maitreya domanda al bodhisattva Mañjuśrī il significato di quella visione, Mañjuśrī gli risponde che ritiene che il Buddha stia per esporre la Grande dottrina (il Dharma più profondo). Mañjuśrī è in grado di rispondere alla domanda di Maitreya in quanto aveva già assistito, in un lontano passato, ad un avvenimento analogo quando era al cospetto del Buddha Candrasūryapradīpa (Splendore della Luna e del Sole) il quale prima agli śrāvaka aveva insegnato le "Quattro nobili verità " (catvāri-ārya-satyāni), ai pratyekabuddha la "coproduzione condizionata " (pratītyasamutpāda) e ai bodhisattva le sei "perfezioni" (pāramitā ). Dopo di ciò era entrato anche lui nel profondo samādhi per poi illuminare i diciottomila mondi ad Oriente con la ūrṇā e predicare la Grande dottrina e infine entrare nel parinirvāṇa . Mañjuśrī ricorda anche di essere stato, a quel tempo il bodhisattva Varaprabha (Luce Meravigliosa), e ricorda anche che Maitreya era invece un discepolo chiamato Yaśaksāma (Cercatore di fama), indolente e incapace di capire gli insegnamenti ma che, grazie alle continue azioni religiose, aveva potuto realizzare lo stato di bodhisattva e presto anche quello di Buddha , il Buddha Maitreya .

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Page 1: Sutra Del Loto

Sutra del Loto: I capitolo

Il primo capitolo del Sutra del Loto si avvia con un prologo che descrive un'assemblea dei monaci riuniti a Gṛdhrakūṭa (Picco dell'avvoltoio, montagna esistente in India situata nei pressi di Rajgir, nello stato indiano del Bihar), dove, secondo il Buddhismo Mahāyāna, il Buddha Śākyamuni avviò gli insegnamenti dei Prajñāpāramitā Sūtra. Il prologo inizia con la dichiarazione "Così ho udito" (sanscrito: एवं� मया� श्रु�तम Evam mayā śrutam), propria dei sutra la cui esposizione si attribuisce al Buddha Śākyamuni. Il Buddha ha appena terminato di esporre il Sutra dell'Infinito Significato (sanscrito: Anuttarâśraya-sūtra, pinyin: Wúliángyì jīng, T.D. 276, 9.383b-389b) al termine del quale entra in un profondo samadhi e l'intera assemblea viene inondata di fiori di māndārava, di grandi māndārava, di mañjūṣaka e di grandi mañjūṣaka[1]. A questo punto dalle sue sopracciglia viene sprigionata una luce (la ūrṇā-keśa, uno dei Trentadue segni maggiori di un Buddha) che illumina i diciottomila mondi ad Oriente, raggiungendo i territori celestiali come gli inferi. Questo consente, ai monaci e agli altri esseri convenuti, di vedere i Buddha e gli esseri di quei mondi attivarsi in azioni religiose. A questo punto il bodhisattva Maitreya domanda al bodhisattva Mañjuśrī il significato di quella visione, Mañjuśrī gli risponde che ritiene che il Buddha stia per esporre la Grande dottrina (il Dharma più profondo). Mañjuśrī è in grado di rispondere alla domanda di Maitreya in quanto aveva già assistito, in un lontano passato, ad un avvenimento analogo quando era al cospetto del Buddha Candrasūryapradīpa (Splendore della Luna e del Sole) il quale prima agli śrāvaka aveva insegnato le "Quattro nobili verità" (catvāri-ārya-satyāni), ai pratyekabuddha la "coproduzione condizionata" (pratītyasamutpāda) e ai bodhisattva le sei "perfezioni" (pāramitā). Dopo di ciò era entrato anche lui nel profondo samādhi per poi illuminare i diciottomila mondi ad Oriente con la ūrṇā e predicare la Grande dottrina e infine entrare nel parinirvāṇa. Mañjuśrī ricorda anche di essere stato, a quel tempo il bodhisattva Varaprabha (Luce Meravigliosa), e ricorda anche che Maitreya era invece un discepolo chiamato Yaśaksāma (Cercatore di fama), indolente e incapace di capire gli insegnamenti ma che, grazie alle continue azioni religiose, aveva potuto realizzare lo stato di bodhisattva e presto anche quello di Buddha, il Buddha Maitreya.

Il Picco dell'avvoltoio (Gṛdhrakūṭa, situato nei pressi di Rajgir, oggi nello Bihar in India) dove secondo la tradizione il Buddha Śākyamuni espose il Sutra del Loto.

1. Note

1. Secondo Gene Reeves il fatto che l'intera assemblea fosse inondata di fiori celestiali e profumi significa la non differenza tra il Buddha e i suoi ascoltatori. Cfr. Gene Reeves. Il Sutra del Loto come radicale affermazione del mondo, Dharma, 2002, 3, 9, 28-49.

L' Erythrina indica conosciuta in India come māndārava, un tipo di fiori che inondò l'assemblea di Gṛdhrakūṭa quando il Buddha Śākyamuni entrò nel profondo samadhi.

II capitolo

Page 2: Sutra Del Loto

Il secondo capitolo del Sutra del Loto, denominato Upāyakauśalya (da upāya, "Mezzi abili" o "Espedienti", devanāgarī उपा�या , cinese 方便 pinyin fāngbiàn, giapponese hōben, tibetano thabs), è uno dei più importanti del Sutra del Loto. In questo capitolo, il Buddha Śākyamuni risorge dal profondo stato di samādhi e avvia un dialogo con Śāriputra.

Lo stupa di Śāriputra, uno dei principali interlocutori del Buddha Śākyamuni nel Sutra del Loto, eretto a Nalanda.

Il discepolo gli chiede insistentemente di predicare la Dottrina profonda, ma il Buddha risponde che

Questa realtà profonda (o assoluta) dei fenomeni si esprimerebbe comunque, secondo l'insegnamento del Buddha riportato nel Sutra del Loto, sulle dieci "talità" (tathatā): caratteristiche, natura, essenza, forza, azione, causa, condizione, retribuzione, frutto e uguaglianza di tutte queste talità tra loro. Solo i bodhisattva risoluti (adhimukti) nel raggiungere il "risveglio" possono penetrare questa profonda dottrina, inesprimibile con le parole.

Non solo, il Buddha avverte anche che qualora predicasse lo stesso questa dottrina inesprimibile gli esseri cadrebbero nel dubbio, mentre i monaci arroganti si ritroverebbero in un abisso profondo, rifiutando di accettarla. Śāriputra insiste e il Buddha si risolve a rispondergli.

A questo punto cinquecento tra monaci e monache "arroganti" si alzano, si inchinano davanti al Buddha e lasciano l'assemblea. Il Buddha non li trattiene, anzi si mostra felice che l'assemblea dei monaci sia ora composta solo da individui sinceri e risoluti.

Da questo momento il II capitolo si avvia a spiegare che il motivo dell'esistenza del Buddha risiede solamente nella sua volontà di condurre gli esseri senzienti verso la liberazione. Da notare che, di fatto, il Buddha continua a non rispondere alla domanda di Śāriputra sulla profonda dottrina. Egli, tuttavia, fa presente che la suddivisione nei vari veicoli (sanscrito:yāna, così denominati perché "conducono" gli esseri verso la "liberazione"), ovvero lo śrāvaka-yāna, il pratyekabuddha-yāna e il bodhisattva-yāna (i primi due sarebbero, secondo la tradizione Mahāyāna, appartenenti allo Hīnayāna, mentre solo l'ultimo sarebbe, per questa tradizione, Mahāyāna) non sarebbero che espedienti (upāya) di insegnamento ma che in realtà vi è solo un veicolo, il buddhaekayāna, il veicolo dei Buddha.

Quindi il Buddha insegna per espedienti adattandoli, in modo diversificato, alla mente dei discepoli per liberarli dalla sofferenza, dalle impurità, dalla confusione. Così nel passato, nel presente e nel futuro appaiono Buddha con vari insegnamenti (upāya) ma tutti appartengno all'"unico veicolo" di salvezza. Così tutti coloro che seguono questi diversi insegnamenti e mettono in atto le relative diverse pratiche raggiungeranno, prima o poi, la "buddhità". Ma il Buddha spiega anche che appare di rado nel mondo, per questa ragione egli quando appare spiega il buddhaekayāna solo ai bodhisattva.

« la Legge su cui si è risvegliato il Buddha è la più rara e la più difficile da comprendere. La vera entità di tutti i fenomeni può essere compresa e condivisa solo dai Buddha »

III capitolo

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Nel terzo capitolo, Śāriputra gioisce della notizia che anche gli śrāvaka come lui potranno ottenere la "liberazione" ultima, la buddhità. E riconosce che il suo errore, come quello di altri śrāvaka, è stato di fermarsi nel nirvāṇa dello Hīnayāna e di non proseguire verso l' anuttarā-samyak-saṃbodhi ("illuminazione definitiva"). Il Buddha Śākyamuni gli risponde annunciandogli che anche lui, Śāriputra, dopo essere divenuto un bodhisattva acquisirà la buddhità completa divenendo il Buddha Padmaprabha (Loto Splendente). Dopo altre predizioni, il Buddha si accinge a spiegare la ragione dell'utilizzo dei diversi veicoli (yāna) e dei diversi "mezzi abili" (upāya) per consentire agli esseri (sattva) di realizzare l'illuminazione profonda e ultima (l' anuttarā-samyak-saṃbodhi). La ragione viene espressa per mezzo di una "parabola" perché, come sostiene il Buddha nel Sutra, «per mezzo delle parabole le persone intelligenti raggiungono il significato». Il Buddha racconta quindi di un uomo molto ricco, in età avanzata, possessore di molti beni, il cui palazzo aveva una sola entrata. Questo palazzo era in pessimo stato e all'interno vivevano centinaia di persone. Ad un certo punto all'interno del palazzo di sviluppa un incendio che si propaga per tutto l'edificio, e un numero imprecisato di figli di quest'uomo ricco rischiano la vita. Il padre riflette sul da farsi ma si rende conto che portare via i figli è una operazione impossibile dato lo stretto ingresso del palazzo. Essi potrebbero infatti dimenarsi e scappare nuovamente all'interno del palazzo in fiamme. Allora li invita ad uscire, ma essi, intenti ai loro giochi, non prestano attenzione alle grida di allarme del padre. A questo punto il padre, che conosceva bene la natura di questi ragazzi e da cosa essi erano attratti, li avverte che fuori del palazzo li aspettavano diversi giochi rappresentati da carri trainati da capre, carri trainati da cervi e carri trainati da buoi, adornati e bellissimi a vedersi. Spinti dai nuovi giochi i ragazzi abbandonano quelli vecchi e corrono verso l'uscita del palazzo mettendosi finalmente in salvo. Fuori del palazzo li aspetta in realtà un tipo solo di carro, magnifico e gigantesco, al di là delle loro aspettative e delle loro fantasie, trainato da splendidi buoi bianchi. Il Buddha domanda a Śāriputra se il padre che ha promesso tre diversi tipi di carri ai figli, donandogliene invece un solo tipo, anche se meraviglioso, ha loro mentito. Śāriputra risponde che no, non ha mentito, in quanto già il fatto di avergli salvato la vita avrebbe giustificato la promessa, inoltre il ricco, sapendo che delle grandi ricchezze di cui disponeva, ha potuto regalargli qualcosa di decisemente più importante. Il Buddha continua spiegando che egli è come un padre per gli esseri viventi. Riferendosi a sé stesso afferma:

Śāriputra, uno dei principali discepoli del Buddha Śākyamuni in una antica stampa cinese. La mano sinistra regge la ciotola delle elemosine (pātra) mentre la destra è nel "gesto di minaccia" (tarjanamudrā) con l'indice puntato verso l'avversario.

Quindi il Buddha, sostiene il Sutra, è come un padre mentre gli esseri senzienti sono come i figli del ricco della parabola costretti in un mondo in fiamme. Il Buddha appare con i suoi insegnamenti diversi per le diverse predisposizioni individuali dei suoi figli, utilizzando espedienti adatti a ciascuno di loro, consapevole che qualsiasi altro sistema non sarebbe utile per la loro salvezza. Ma la salvezza, il grande carro trainato dai buoi magnifici, è diverso dai singoli "mezzi abili" (upāya) utilizzati dal Buddha ed è unico per tutti gli esseri. Ciò premesso il Buddha si raccomanda di non predicare queste dottrine agli esseri privi di saggezza per non provocare loro rovina causata dal disprezzo che proverebbero per questi profondi insegnamenti.

Gene Reeves spiega così la natura della parabola della "casa in fiamme":

« Egli è nato nel Trailokya ("Triplice mondo"), una casa in fiamme, un vecchio edificio in rovina, per salvare gli esseri viventi dall'incendio della nascita, della vecchiaia, della malattia e della morte, dalle ansie, dalle sofferenze, dalla stupidità, dall'incomprensione e dai tre veleni, per istruirli e convertirli, mettendoli in grado di conseguire la liberazione. Egli vede gli esseri viventi arsi dalla nascita, dalla vecchiaia, dalla malattia e della morte, dalle angosce e dalle sofferenze, li vede subire molti dolori [...]. [...] Eppure gli esseri viventi, mentre annegano in mezzo a tutto ciò, si trastullano e si divertono inconsapevoli, incoscienti e senza alcun timore »

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(Sutra del Loto, III)

« La parabola è stata interpretata come se volesse dire che il mondo è come una casa in fiamme. Ma il Sutra non propone la fuga dal mondo. Altrove esso mette in chiaro che occorre lavorare nel mondo per salvare gli altri. L idea proposta è, piuttosto, che siamo come bambini che giocano e che non fanno abbastanza attenzione a ciò che li circonda. Probabilmente non è il mondo intero a essere in fiamme, ma i nostri campi di gioco, i mondi privati che creiamo con il nostro attaccamento e con il nostro autocompiacimento. Pertanto, lasciare la casa non è fuggire dal mondo ma lasciarci dietro il nostro mondo dei giochi, i nostri attaccamenti e le nostre illusioni, o alcune di esse, al fine di entrare nel mondo reale. È importante inoltre notare che il padre dice ai figli che possono avere ciò che desiderano di più. Non può unicamente forzarli a uscire; si appella a qualcosa che è già in loro, qualcosa che in tempi successivi diverrà conosciuta come Natura-di-Buddha. [...] Anche il meraviglioso carro che il padre dà ai figli è, dopotutto, solo un carro, un veicolo. Tutte le pratiche e gli insegnamenti devono essere considerati come mezzi, come possibili modi di aiutare le persone. Non devono mai essere presi come verità ultime. Tuttavia, il fatto che sono usati per salvare le persone significa che sono verità molto importanti. »

(Gene Reeves [1])

IV capitolo

Oltre a Śāriputra anche gli altri śrāvaka, Mahā-Kātyāyana, Mahā-Kāśyapa e Mahā-Maudgalyāyana gioiscono perché comprendono che pur avendo realizzato il nirvāṇa degli arhat possono proseguire fino alla realizzazione dell' anuttarā-samyak-saṃbodhi, il "risveglio" profondo e completo. Per spiegare al Buddha Śākyamuni la loro felicità, raccontano anch'essi una parabola che possiede delle somiglianze con la parabola del "Figliol prodigo" contenuta nel Vangelo dei cristiani. Tale parabola narra di un figlio che ha abbandonato in gioventù il padre vivendo sempre più in uno stato di indigenza. Passati dieci anni girovagando per il mondo casualmente ritorna alla sua terra di origine. Nel frattempo il padre lo aveva inutilmente cercato poiché essendo ricco era desideroso di trasferirgli i suoi immensi patrimoni. Nel suo peregrinare il figlio giunge di fronte al maestoso palazzo paterno e vede il padre riccamente adornato ma non lo riconosce, anzi pensa che possa essere un re e quindi di rischiare la cattura e decide quindi di fuggire. Il padre, che invece lo aveva riconosciuto subito, manda un inserviente a catturarlo. Il figlio, raggiunto e spaventato dall'inserviente, si dimena e quindi sviene. Il padre decide quindi di non dirgli subito la verità, ma di lasciare che egli possa scoprirla da sola. Fattolo rinvenire, lo lascia andare ma subito invia due uomini per assumerlo come servo con una buona paga. Il padre è tuttavia profondamente triste nel vedere il figlio, sporco e inconsapevole, lavorare per lui come un servo; allora si spoglia egli stesso delle sue ricchezze e travestitosi da servo lo avvicina. Progressivamente il padre fa acquisire al figlio sicurezza e consapevolezza del suo valore, fino ad affidargli la gestione dei suoi beni. Alla fine, giunto sul punto di morte, il padre chiama tutti i parenti e svela a loro e allo stesso figlio tutta la storia, lasciandogli tutta l'eredità. Così, gli śrāvaka raccontano di aver compreso la profonda dottrina del Buddha e dopo aver superato il nirvāṇa degli arhat, che corrisponde alla paga del figlio in stato di servitù, affermano di aver ottenuto l' anuttarā-samyak-saṃbodhi, che pur non avendolo desiderato è giunto loro spontaneamente, come i beni del padre sono giunti al figlio senza che egli li avesse mai richiesti.

Una statua cinese (Dinastia Liao) raffigurante un arhat. Nel IV capitolo del Sutra del Loto viene annunciato che anche questi seguaci dello Hīnayāna realizzeranno, al pari dei bodhisattva Mahāyāna, lo anuttarā-samyak-saṃbodhi (il "risveglio" profondo).

Il V capitolo apre con l'apprezzamento del Buddha Śākyamuni nei confronti di Mahā-Kāśyapa che nel IV capitolo aveva ben descritto, per mezzo della parabola del figlio dell'uomo ricco, la possibilità per gli śrāvaka di raggiungere la suprema illuminazione, anuttarā-samyak-sa ṃ bodhi .

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Per descrivere la pratica di un buddha, lo Śākyamuni racconta in questo capitolo un'altra parabola detta delle erbe. Come la pioggia bagna innumerevoli e differenti piante ed erbe, portando a ciascuna di esse il giusto quantitativo di acqua, così l'insegnamento del Buddha pur essendo unico, come l'acqua per le piante, per tutti si differenzia in quantità a seconda delle caratteristiche dei discepoli. Sia se essi sono intelligenti o ottusi, diligenti o pigri, l'acqua, la stessa "acqua" ovvero lo stesso insegnamento li raggiungerà anche se per le loro caratteristiche utilizzeranno in modo più o meno approfondito o più o meno congruo l'insegnamento impartito loro e quindi avanzeranno nel cammino spirituale in modo più o meno veloce. Nel descrivere il suo insegnamento, Buddha Śākyamuni afferma:

Mahā-Kāśyapa (摩訶迦葉 Móhē jiāyè) nella iconografia cinese.« Gli esseri vivono in una grande varietà di ambienti, ma solo il Tathagata vede le circostanze autentiche e le comprende chiaramente, senza difficoltà. È come nel caso delle piante e degli alberi, della boscaglia, dei cespugli e delle erbe medicinali, che non hanno consapevolezza della propria natura superiore, media e inferiore. Ma il Tathagata sa che questa Legge ha una forma unica, un unico aroma, vale a dire la forma della emancipazione, la forma della separazione, la forma dell'estinzione, la forma del nirvana definitivo, della costante serena estinzione, che in definitiva si risolve nella vacuità. Il Buddha capisce tutto questo. Ma poiché vede i desideri che alloggiano nelle menti degli esseri viventi, egli li guida e li protegge e per questa ragione non espone loro immediatamente la saggezza onnicomprensiva. »

(Sutra del Loto, V)

VI capitolo

Questo breve capitolo è detto delle "Profezie". Qui il Buddha Śākyamuni predice il futuro di alcuni suoi importanti discepoli e śrāvaka, tutti diveranno dei Buddha, così:

Mahā-Maudgalyāyana nella iconografia laotiana. Secondo la tradizione questo discepolo del Buddha fu assassinato da alcuni briganti.

Mahā-Kāśyapa diverrà il Buddha Raśmiprabhāsa (Luce Raggiante) del campo buddhico Avabhāsaprāptā (Pieno di Luce) nel kalpa Mahavyūha (Manifestazione trascendente).

Subhūti diverrà il Buddha Śaśiketu (Luna splendente) del campo buddhico Ratnasaṃbhava (Fatto di gioielli) nel kalpa Ratnāvabhāsa (Luce dei gioielli).

Mahā-Kātyāyana diverrà il Buddha Jāmbūnadaprabhāsa (Luce e boato di Jambu). Mahā-Maudgalyāyana diverrà il Buddha Tamālapatracandanagandha (Profumo di sandalo e

di garcinia) del campo buddhico Manobhirāma (Delizia per la mente) durante il kalpa Ratiprapūrṇa (Ricolmo di gioia).

VII capitolo

Nel settimo capitolo del Sutra il Buddha Śākyamuni narra la parabola della città fantasma.

Innumerevoli kalpa fa, durante il kalpa Mahārūpa (Grande Forma) nel mondo Sambhavā (Origine) si manifestò il Buddha Mahâbhijñā Jñānâbhibhū (Suprema intuizione e saggezza). Quando ancora non era un buddha perfettamente realizzato Mahâbhijñā Jñānâbhibhū ebbe sedici figli. Divenuto

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buddha, questi sedici principi lo implorarono di far girare la Ruota del Dharma a beneficio degli esseri sofferenti. A questo punto tutti i mondi di dèi e di uomini si illuminarono e per ventimila kalpa Buddha Mahâbhijñā Jñānâbhibhū espose la dottrina perfetta, durante questo periodo i sedici principi presero rifugio nel Dharma divenendo dei novizi. Dopo aver esposto per ottomila kalpa la perfetta "Dottrina del Loto", il Buddha Mahâbhijñā Jñānâbhibhū si ritirò nel profondo assorbimento meditativo per ulteriori 84 mila kalpa. Durante questo lungo periodo furono i sedici figli del Buddha, divenuti bodhisattva, a predicare la dottrina. Risvegliatosi dal profondo stato meditativo il Buddha Mahâbhijñā Jñānâbhibhū si rallegrò della condotta dei suoi sedici figlio e affermò che chiunque ne abbia seguito gli insegnamenti sarebbe divenuto a sua volta un perfetto Tathagāta.

Amitābha Buddha in un dipinto cinese dell'VIII secolo rinvenuto nelle Grotte di Mogao. Amitābha è rappresentato nel suo Paradiso Occidentale (Sukhavātī) circondato da arhat e da bodhisattva. È distinguibile dalle raffigurazioni del Buddha Śākyamuni esclusivamente per il fatto che il suo corpo e avvolto nel colore rosso, il colore del tramonto ovvero dell'Occidente.

A loro volta i sedici figli del Buddha divennero anche loro dei buddha perfetti (Samyaksaṃbuddha):

Akṣobhya (Impertubabile): vive nel mondo di Abhirati (Gioia) posto ad Oriente rispetto al nostro;

Merukūṭa (Vetta del Meru): anche lui vive ad Abhirati; Siṃhaghoṣa (Ruggito del Leone): vive nei mondi posti a Sud-Est; Siṃhadhvaja (Aspetto del Leone): vive nei mondi posti a Sud-Est; Ākāśapratiṣṭhita (Abitante dello Spazio): vive nei mondi posti a Sud; Nityapaṛvrtta (Estinto per Sempre): vive nei mondi posti a Sud; Indradhvaja (Aspetto del Sovrano): vive nei mondi posti a Sud-Ovest; Brahmadhvaja (Aspetto di Brahma): vive nei mondi posti a Sud-Ovest; Amitâbha (Luce infinita): vive nei mondi posti a Ovest; Sarvalokadhātūpadravodvegapratyuttīrna (Salvo dagli impedimenti e dalle Agitazioni di tutti

i Mondi): vive nei mondi posti a Ovest; Tamālapatra-candanagandha (Percezione divina del Profumo della garcinia e del sandalo):

vive nei mondi posti a Nord-Ovest; Merukalpa (Simile al Monte Meru): vive nei mondi posti a Nord-Ovest; Meghasvaradīpa (Luce e Suono delle Nuvole): vive nei mondi posti a Nord; Meghasvararāja (Re del Suono delle Nuvole): vive nei mondi posti a Nord; Sarvalokabhayastambhitatva-vidhvaṃsanakāra (Distruttore della Paura e del Terrore in tutti

i Mondi): vive nei mondi posti a Nord-Est.

Il sedicesimo figlio del Buddha Mahâbhijñā Jñānâbhibhū è proprio il Buddha Śākyamuni che si illuminò e insegnò il Dharma nel nostro mondo, il mondo di Sahā (Mondo della sopportazione, ovvero il mondo dove gli Esseri che ci vivono devono esercitarsi nella pazienza).

A tal proposito nel Sutra il Buddha Śākyamuni sostiene:

Il Buddha Śākyamuni continua spiegando che egli comprende come gli esseri senzienti si compiacciano di dottrine inferiori e siano incatenati alle cinque passioni e quindi egli predica il nirvāṇa secondo il loro desideri e secondo le loro condizioni di modo che essi possano credere ad esso e quindi perseguirlo. A tal proposito il Buddha Śākyamuni narra una parabola di un gruppo di persone che deve attraversare un deserto selvaggio e pericoloso lungo cinquecento yojana per giungere in un luogo ricco di tesori. Queste persone hanno una guida saggia che li conduce e che conosce la via da seguire. Il gruppo, attraversato un certo tratto di strada, si scoraggia e chiede alla

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guida di riportali indietro. La guida è dispiaciuta che queste persone rinuncino ai tesori promessi allora, raggiunti i trecento yojana, fa apparire per incanto una città che diviene rifugio e luogo di riposo per i viaggiatori stanchi e impauriti. Riposati e rincuorati i viaggiatori, la guida fa scomparire la città fantasma invitando i viaggiatori a proseguire il cammino verso i tesori, spiegando loro che la città dove si erano fino a quel momento fermati non era che un miraggio. La città fantasma, spiega lo Śākyamuni, è il nirvāṇa degli arhat e non la profonda illuminazione, realizzato quel nirvāṇa occorre proseguire lungo il cammino esorta il Buddha fino all'illuminazione completa: l' anuttarā-samyak-saṃbodhi.

« Monaci, quando io e questi altri buddha eravamo novizi durante la reggenza di questo Tathāgata, ognuno di noi istruì e convertì un numero incalcolabile di esseri senzienti pari a centinaia, migliaia, milioni di sabbie del Gange. Essi udirono da noi il Dharma e raggiunsero l'Illuminazione perfetta (anuttarā-samyak-saṃbodhi). Alcuni di essi sono ancora nello stato di śrāvaka, ma noi li istruimmò sempre sull' anuttarā-samyak-saṃbodhi e queste persone per mezzo del Dharma raggiungeranno gradualmente la via del Buddha. Perché sostengo questo? Perché difficile è credere nella saggezza del Tathāgata, difficile è comprenderla. Gli esseri senzienti pari a innumerevoli sabbie del Gange, che furono convertiti da me mentre ero un bodhisattva a quel tempo, siete voi o monaci. »

(Sutra del Loto, VII capitolo)

VIII capitolo

Dopo il racconto della parabola della "città fantasma" narrata dal Buddha Śākyamuni, lo śrāvaka Pūrṇa, figlio di Maitrāyaṇī (una delle prime discepole dello Śākyamuni) , esultò per il modo con cui i Buddha adattavano il loro insegnamento a questo mondo con una variegata molteplicità di mezzi abili )upāya).

Vista la particolare predisposizione mentale di Pūṛna, il Buddha Śākyamuni si complimentò con lui per la profonda capacità di comprensione, lodandolo e profetizzando che durante il kalpa Badra (Propizio) Pūrṇa diventerà il Buddha Dharmaprabhāsa (Luce della Legge).

Buddha Dharmaprabhāsa, profetizza lo Śākyamuni, predicherà durante il kalpa Ratnāvabhāsa (Luce dei gioielli) e il suo mondo si chiamerà Suviśuddha (Grande Purezza).

Dopo questa profezia lo Śākyamuni spiega che i bodhisattva posso manifestarsi come śrāvaka allo scopo di insegnare le relative dottrine hinayāna a coloro che sono 'pigri' o di 'basse predisposizioni' al fine di condurli progressivamente verso l'Illuminazione completa (l' anuttarā-samyak-saṃbodhi).

Lo Śākyamuni profetizza anche il raggiungimento della buddhità completa da parte di altri cinquecento śrāvaka.

Questi cinquecento 'santi' (arhat) ascoltando questa ultima profezia, felici omaggiano il Buddha Śākyamuni confessando di aver stupidamente creduto che la 'pace completa' fosse la mèta della pratica religiosa senza ambire alla profonda conoscenza dei Tathāgata (lett. "Colui che va così", epiteto con cui il Buddha Śākyamuni indica sé stesso nei suoi sermoni).

A tale scopo questi cinquecento 'santi' narrano allo Śākyamuni la parabola del gioiello nascosto nel vestito. Ovvero di come un tale ubriacatosi in casa di un amico lì si addormenta. L'amico decide dunque di fargli dono di un prezioso gioiello e glielo cuce nel vestito, allontanadosi poi da lui. Risvegliatosi il tale abbandona la casa dell'amico giungendo in un altro paese dove tuttavia incontra grandi difficoltà economiche. Solo dopo grandi sforzi ottiene del denaro e si contenta di ciò che ha raggiunto. Incontratolo l'amico che gli ha fatto dono del prezioso gioiello lo rimprovera di non

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essersi accorto di tale regalo e di accontentarsi invece della sua precaria situazione, invitandolo infine a recarsi in città e barattando il gioiello con dei beni, di migliorare le sue condizioni.

Allo stesso modo, sostengono i cinquecento arhat, loro stessi non si sono accorti del prezioso insegnamento sulla 'onniscienza' (sarvajñatā) predicato precedentemente dallo Śākyamuni quando era ancora un bodhisattva, accontendandosi invece della loro insignificante preparazione. Fortunatamente, osservano i cinquecento arhat, il voto fatto allora di conseguire la perfetta illuminazione li ha comunque consentito di ricevere ora i necessari completi insegnamenti.

IX capitolo

Dopo le osservazioni dei cinquecento śrāvaka (uditori), anche Ānanda e Rāhula chiedono al Buddha Śākyamuni di poter realizzare anche loro anuttarā-samyak-saṃbodhi e quindi realizzare il completo stato di Buddha. La ragione di questa richiesta è sottolineata dal fatto che

Il Buddha Śākyamuni con alla sua sinistra il giovane Rāhula in un dipinto laotiano. Rāhula era figlio dello stesso Śākyamuni e di sua moglie Yaśodharā. Dopo che il padre, divenuto rinunciante, realizzò lo stato di Buddha divenne suo seguace e uno dei suoi dieci discepoli principali. Gli altri discepoli principali furono: Ānanda, Aniruddha, Mahākāśyapa, Mahākātyāyana, Maudgalyāyana, Pūrṇa, Śāriputra, Subhūti e Upāli.

Allo stesso modo altri duemila 'uditori' chiedono al Buddha Śākyamuni la profezia riguardante la loro realizzazione del 'supremo perfetto risveglio' (anuttarā-samyak-saṃbodhi).

Lo Śākyamuni allora rivolgendosi ad Ānanda gli profetizza che diverrà un Buddha denominato Sāgaravaradharabuddhivikrīḍitābhijña (Sapienza oltremondana che esprime la comprensione di Sāgaravara) e che vivrà in un campo buddhico fatto di lapislazzuli di nome Anavanāmitavaijayantī (Bandiera al vento) durante il kalpa Manojñaśabdābhigarjita (Eco di suoni meravigliosi).

A questo punto ottomila bodhisattva presenti si domandano come sia possibile una profezia così importante mai udita prima sia ne confronti degli 'uditori' ma nemmeno nei confronti degli stessi bodhisattva. Lo Śākyamuni, intuita la portata di questa domanda, rivela che lui ed Ānanda produssero nello stesso istante il perfetto pensiero del risveglio alla presenza del Buddha Dharmagaganābhyudgatarāja (Re asceso al cielo del Dharma). Ma Ānanda era concentrato sullo studio del Dharma mentre lui, lo Śākyamuni, era dedito alla pratica del vigore e quindi raggiunse prima di Ānanda l' anuttarā-samyak-saṃbodhi, mentre Ānanda divenne il "Custode del Dharma" per questo ora ha ottenuto la predizione.

Rivolgendosi quindi al figlio Rāhula, il Buddha Śākyamuni gli comunica che in futuro, dopo essere rinato come figlio del Buddha Sāgaravaradharabuddhivikrīḍitābhijña, diverrà il Buddha Saptaratnapadmavikrāntagāmī (Colui che incede sul Loto dei sette gioielli). E anche i duemila 'uditori' diverranno tutti Buddha perfetti chiamati Ratnaketurāja (Re della Bandiera dei gioielli).

« In verità noi, o Beato, veniamo valutati in modo eccessivo dal mondo ... che dice 'Questi sono i figli del Beato, gli aiutanti del Beato, coloro che conservano il tesoro del Dharma del Beato' »

(Sutra del Loto, IX)

X capitolo

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Dopo aver predetto ai cinquemila śrāvaka (uditori) il raggiungimento della buddhità, il Buddha Śākyamuni si occupò degli ottomila bodhisattva e, rivolgendosi al bodhisattva Bhaiṣajyarāja (Re della Medicina) lo invitò a contemplare l'assemblea di Gṛdhrakūṭa (Picco dell'avvoltoio) composta da nāga, yakṣa, gandharva, asura, garuḍa, kiṃnara, mahoraga, uomini e non uomini, bhikṣu e bhikṣuṇī, upāsaka e upāsikā, seguaci dello śrāvaka-yāna, seguaci del pratyekabuddha-yāna e seguaci del bodhisattva-yāna, e gli disse:

E subito dopo lo Śākyamuni aggiunse:

Il capitolo X prosegue con lo Śākyamuni che sostiene che anche una sola frase del Sutra del Loto comunicata segretamente ad una singola persona, renderebbe colui che la pronuncia un inviato del Buddha. Così chiunque ingiuriasse il Buddha compirebbe una colpa di gran lunga meno grave rispetto a chi dovesse ingiuriare coloro che leggono o recitano il Sutra del Loto.

Il Sutra continua affermando che coloro che abbracciano il Sutra del Loto sono coloro che hanno per compassione rinunciato di nascere nella loro Pura Terra per giungere in questo mondo malvagio e qui predicare le dottrine del Sutra per il bene degli esseri senzienti.

Sempre rivolgendosi al bodisattva Bhaiṣajyarāja, lo Śākyamuni sostenne che delle decine di migliaia di milioni di sutra dai lui predicati, il Sutra del Loto è il più difficile da comprendere e da credere ma racchiude il segreto tesoro dei Buddha. Coloro che dopo l' estinzione del Tathāgata si attiveranno per recitare, sostenere, copiare e diffondere questo sutra saranno protette dai Buddha che si trovano in altri luoghi. Inoltre, dove è il Sutra del Loto lì andrebbero eretti degli stupa maestosi perché anche se non contengono le reliquie (śarīrāḥ) del Buddha esse contengono l'intero corpo del Buddha.

Ci sono molti che seguono la via del bodhisattva ma che non accettano questo sutra, costoro, afferma il Buddha non possono divenire dei bodhisattva finché non lo accettano. Così come un uomo che cerca l'acqua in un deserto scavando dopo la sabbia inizia a trovare dell'umidità e poi del fango è certo che continuando questa attività giungerà prima o poi a trovare la fonte, così coloro che ascolteranno, studieranno e approfondiranno questo sutra alla fine giungeranno al "perfetto risveglio".

Infine l'ultima parte di questo capitolo esorta il seguace del Sutra del Loto ad entrare nella dimora del Buddha, ad indossarne il mantello, a sedersi sul seggio, predicandone nel mondo la dottrina senza alcun timore.

« Tutti costoro che al cospetto del Buddha ascoltano un verso o una frase del Sutra del Loto gioendone per un solo istante, io gli predico il raggiungimento dell' anuttarā-samyak-saṃbodhi »

(Sutra del Loto, X)

« Inoltre, se dopo il parinirvāṇa del Tathāgata qualcuno ascolterà il Sutra del Loto, anche un solo verso o frase, gioendone nella mente per un solo attimo, anche a costui predico la suprema illuminazione. Così per coloro che seguono, leggono, recitano, diffondono o copiano il Sutra del Loto, anche un solo verso, nutrendo per questo sutra lo stesso rispetto che offrono ad un buddha, offrendo fiori, incenso, collane, incenso in pasta o in polvere o da bruciare, drappi di seta, stendardi e vessilli, abiti e musica, giungendo le mani in segno di rispetto, allora Bhaiṣajyarāja sappi che tali individui hanno offerto doni a centomila milioni di buddha, sotto quei buddha hanno adempiuto il loro grande voto e mossi da compassione per gli esseri senzienti sono nati nel mondo degli uomini »

(Sutra del Loto, X)

« La dimora del Tathāgata è l'amore e la compassione verso tutti gli esseri senzienti, il mantello del Tathāgata è la mitezza e la pazienza, il seggio del Tathāgata è la vacuità di tutti i fenomeni. »

(Il Sutra del Loto. X)

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XI capitolo

A questo punto nel mezzo dell'assemblea di Gṛdhrakūṭa (Picco dell'avvoltoio) apparve uno stupa composto dai sette tesori e misurabile in cinquecento yojana in altezza e in duecentocinquanta yojana in larghezza. Questo stupa emerso dalla terra rimase sospeso nell'aria. Dallo stupa meraviglioso provenne una voce che testimoniava come il Buddha Śākyamuni potesse predicare il Sutra del Loto e che quello che egli stava esponendo era la pura verità. Allora, indovinando lo stupore e la meraviglia dell'asemmblea, il bodhisattva mahasattva Mahāpratibhāna (Grande Predicazione) chiese allo Śākyamuni il significato di quella apparizione.

Un antico dipinto cinese, rinvenuto nelle Grotte di Yulin nei pressi di Dunhuang, che rappresenta il dialogo tra il Buddha Śākyamuni e il Buddha Prabhūtaratna riportato nell'XI capitolo del Sutra del Loto.

Il Buddha Śākyamuni rispose che lo stupa contiene il corpo di un buddha di nome Prabhūtaratna (Molti Gioielli) che era vissuto molto tempo prima in un mondo molto lontano di nome Ratnaviśuddhā (Gioiello Puro). Questo buddha, sostiene lo Śākyamuni, prima di estinguersi fece il voto di far comparire il suo stupa contenente il suo corpo nel mondo in cui veniva predicato il Sutra del Loto allo scopo di lodare questo sutra e di rendere testimonianza della sua veridicità e della sua superiorità.

Alla richiesta di Mahāpratibhāna di poter vedere il corpo di Prabhūtaratna lo Śākyamuni rispose che solo se avesse richiamato le sue emanazioni disposte lungo le dieci direzioni a predicare nei rispettivi mondi, Prabhūtaratna sarebbe apparso.

Così lo Śākyamuni emise dalla bianco ciuffo di peli luminoso tra le sopracciglia (ūrṇā-keśa) un raggio di luce che illuminò tutti i mondi disposti lungo le dieci direzioni dove innumerevoli buddha predicavano il Dharma. Tutti questi buddha si rivolsero ai loro bodhisattva annunciando che si sarebbero recati nel mondo di sahā, il mondo dove predica il Buddha Śākyamuni e lì fare offerte allo stupa del Buddha Prabhūtaratna.

Per questa ragione il mondo di sahā (il nostro mondo) venne purificato e convenientemente adornato per tale visita. Tutti questi buddha, accompagnati dai rispettivi bodhisattva, si assisero davanti a Śākyamuni. Ma poiché non c’erano abbastanza posti nel mondo sahā , anche solo per i buddha e i bodhisattva di una sola delle dieci direzioni, Śākyamuni dovette purificare miliardi e miliardi di mondi nelle otto direzioni prossime al mondo di sahā, riunendoli momentaneamente in un singolo mondo del Buddha.

Compiuto ciò Śākyamuni lievitò sopra lo stupa, aprendone la porta mostrando all'assemblea il Buddha Prabhūtaratna seduto perfettamente immobile sul suo seggio di leone. Prabhūtaratna chiese quindi a Śākyamuni di predicare il Sutra del Loto, e l'assemblea approvò diffondendo migliaia di fiori davanti ai due buddha.

Śākyamuni si sedette a fianco di Prabhūtaratna nel seggio nello stupa per avviare la predicazione del Sutra del Loto, ma sollevato in aria, gli altri partecipanti all'assemblea non potevano vederlo bene e quindi chiesero di essere sollevati anche loro nell’aria. Soddisfacendo questa richiesta il Buddha Śākyamuni espresse il desiderio che i presenti all'assemblea promettessero solennemente di proteggere e insegnare il Sutra del Loto dopo il suo parinirvāṇa, anche se predicare, scrivere,

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leggere e ascoltare tale Sutra risultasse molto difficile, più difficile, per esempio, del 'camminare con l’intero cielo in una mano o portare la terra fino al paradiso di Brahma su un'unghia del piede!'

Gene Reeves [1] evidenzia come:

La lode al Sutra del Loto è inoltre, per Gene Revees, esplicita nel capitolo e implicita nella storia. In fondo, sia Buddha Prabhūtaratna che i buddha delle dieci direzioni vengono nel mondo sahā per ascoltare il Sutra del Loto.

Buddha Śākyamuni è infatti pregato di insegnare il Sutra del Loto non soltanto da tutti gi esseri senzienti di questo mondo e dagli dèi dei paradisi, ma anche dai buddha di tutti gli altri innumerevoli mondi in tutte le direzioni, che si mettono in subordine. E definendo i buddha delle dieci direzioni come suoi duplicati o rappresentanti, viene data a Śākyamuni un’importanza centrale nell’intero cosmo.

Ma una cosa è molto chiara - sostiene Gene Reeves- tutti questi buddha dei vari mondi, sono subordinati al Buddha Śākyamuni. Il modo in cui sono subordinati non è spiegato, perché non è importante. Infatti, ciò che è importante, date le priorità del Sutra, è il significato cosmico e la superiorità di Buddha Śākyamuni . Tuttavia, allo stesso tempo, la realtà o l’importanza degli altri buddha non è in alcun modo negata. Śākyamuni è, naturalmente, il buddha del mondo saha. Così, elevando il rango di Buddha Śākyamuni a una superiorità cosmica, si sottolinea anche l’importanza di questo mondo. Qui possiamo vedere uno dei principali temi del Sutra del Loto, evidente in praticamente tutti i suoi insegnamenti: l’importanza di questo mondo e della vita in esso. È nel mondo sahā che lo stupa di Buddha Prabhūtaratna sorge ed è il mondo saha che viene purificato per ricevere tutti i buddha dalle altre terre. I mondi degli altri buddha sono descritti come meravigliosi in ogni aspetto, ma i buddha li lasciano per venire nel sahā e onorare il suo buddha.

In un certo senso, poiché è in esso che l’importanza cosmica di Śākyamuniè rivelata, l’elogio del Sutra è anche l’elogio di Buddha Śākyamuni. Allo stesso tempo, poiché questo è il suo mondo, la lode di Śākyamuni è sempre anche la lode del suo mondo.

E Gene Reeves evidenzia anche un ulteriore elemento:

« Questa è una storia meravigliosa, piena di immagini speciali, dallo scopo cosmologico. Ma evidentemente tali immagini non servono tanto per spiegare la natura del cosmo quanto per lodare in primo luogo il Sutra del Loto, in secondo luogo Buddha Śākyamuni e in terzo luogo il mondo sahā »

« L’arrivo del Buddha Prabhūtaratna col suo stupa e l’immagine di lui e del Buddha Śākyamuni seduti fianco a fianco sono elementi molto significativi anche per un altro verso. Il sutra sottolinea il fatto che l’intero corpo di Buddha Prabhūtaratna, e non soltanto i suoi resti, è presente nello stupa e che la sua voce emerge da esso. Ma il Buddha Prabhūtaratna, ci viene detto, è da tempo entrato nel nirvāṇa definitivo. In tal modo l’intero significato del nirvāṇa è messo in discussione. E i due buddha seduti l’uno accanto all’altro violano l’assunto che ci può essere un solo Buddha alla volta nello stesso mondo. Questo è uno dei modi nel quale il Sutra del Loto insegna che le storie dell’ingresso nel nirvāṇa sono solo espedienti educativi per rendere le persone più responsabili delle loro vite »

XII capitolo

Questo capitolo compare unicamente nella traduzione cinese compiuta nel 601 da Jñānagupta (闍那崛多, Shénàjuéduō, 523-605) e Dharmagupta (達摩笈多, Dámójíduō ?-619) con il titolo Tiānpǐn miào fǎliánhuā jīng (添品妙法蓮華經, giapp. Tenbon myōhō renge kyō, T.D. 264). Quest'ultima traduzione in cinese si rifà a quella di Kumārajīva ma viene per l'appunto denominata Tiānpǐn (添品, capitolo aggiunto) in quanto aggiunge questo capitolo Devadatta che non compare nella

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traduzione di Kumārajīva, né in nessun'altra versione sanscrita rinvenuta, essendo in questo caso i temi qui riportati facenti parte integrante dell' XI capitolo.

Devadatta cerca di assassinare il Buddha Śākyamuni. Dipinto laotiano.

Devadatta (in cinese 提婆達多 Dīpódáduō, in giapponese Daibadatta, in tibetano Lha-sbyn) secondo la tradizione buddhista fu quel cugino del Buddha Śākyamuni che aderì al saṃgha (l'ordine dei monaci fondato dallo Śākyamuni) dopo aver ascoltato un discorso del maestro. Fu tenuto in grande stima dagli altri monaci, ma otto anni prima della scomparsa dello Śākyamuni cercò di sostituirlo alla guida della comunità buddhista. Non riuscendo nel suo scopo, Devadatta provoco uno scisma nella comunità buddhista trascinando con sé cinquecento monaci e fondando una comunità a Vaiśālī fondata su rigide norme ascetiche. I discepoli del Buddha Śākyamuni, Śāriputra e Maudgalyāyana, riuscirono tuttavia a convincere questi monaci a rientrare in seno alla comunità ortodossa. Devadatta si decise allora di tentare l'assassinio dello stesso Buddha Śākyamuni, cosà che cercò di provocare più volte senza riuscirvi. Dopo l'ennesimo tentativo, narra la tradizione che la terra si aprì sotto di lui facendolo precipitare direttamente nell'inferno di Avīci (Avīci-naraka).

Devadatta precipita vivo nell'inferno di Avīci (Avīci-naraka). Dipinto laotiano.

Devadatta rappresenta quindi nel Buddhismo quello che nell'immaginario cristiano è occupato da Giuda Iscariota, traditore del maestro e del suo insegnamento spirituale. L'essere senziente con il più alto carico karmico negativo. Eppure in questo capitolo del Sutra del Loto viene annunciato dallo stesso Buddha Śākyamuni che anche lui, Devadatta, raggiungerà l' anuttarā-samyak-saṃbodhi divenendo un buddha perfetto con il nome di Buddha Devarāja (Re del Cielo o Re dei Deva). La ragione di questo destino, secondo questo capitolo del Sutra del Loto, è che Devadatta in una precedente esistenza fu l'asceta che insegnò al Buddha Śākyamuni, allora un re, lo stesso Sutra del Loto contribuendo alla sua illuminazione.

Dopo aver ascoltato, compiaciuto, la predizione riguardante Devadatta, il bodhisattva Prajñākūṭa (Accumulo di saggezza) al seguito del Buddha Prabhūtaratna chiese a quest'ultimo di rientrare nella sua terra di origine ma il Buddha Śākyamuni lo invitò a restare e a interrogare il bodhisattva Mañjuśrī sul Dharma del Sutra del Loto. Mañjuśrī emerse in quel momento provenendo dalla profondità dell'oceano dove era ospite nel palazzo del re dei Nāga, Sāgara.

Prajñākūṭa chiese dunque a Mañjuśrī quanti esseri senzienti avesse convertito nel palazzo dei Nāga. Mañjuśrī rispose di aver convertito al Sutra del Loto un numero incalcolabile di esseri che in quel momento emersero dall'oceano e rimasero sospesi nell'aria dell'Assemblea di Gṛdhrakūṭa: tutti praticavano la dottrina dello Śūnyatā propria del Mahāyāna.

Jñānākara chiese quindi a Mañjuśrī se qualcuno di essi avesse raggiunto la perfetta "buddhità", l' anuttarā-samyak-saṃbodhi. Mañjuśrī gli rispose che la figlia del re dei Nāga, una fanciulla di otto anni, aveva già realizzato questo ambizioso obiettivo nello spazio di un attimo. Prajñākūṭa si rifiutò di credere che si potesse raggiungere nello spazio di un attimo la perfetta bodhi.

A quel punto l' arhat dello Hīnayāna Śāriputra intervenne sostenendo che non era possibile raggiungere la buddhità in un istante tanto meno che una donna potesse raggiungere la "buddhità" in quanto soggetta ai cinque ostacoli (pañcâvaraṇa, cinese 五障 wǔzhàng):

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1. una donna non può divenire un dio nel 'cielo di Brahmā' (brahma-loka) ovvero non può accedere al 'primo regno della forma' (rūpa-dhātu) del mondo di Sahā;

2. non può divenire un dio nel 'cielo di Indra' (re Śakra, Śakra Devānām-Indra) sulla vetta del Monte Sumeru;

3. non può divenire un re dei demoni (Re Mara, māratva o pāpiyas) ovvero non può accedere al 'sesto regno del desiderio (kāma-dhātu), denominato paranirmitavaśavarin, del mondo di Sahā;

4. non può divenire un rājācakra-vartī (re che fa girare la Ruota del Dharma);5. non può divenire un buddha.

Ma in un attimo la fanciulla figla del re dei Nāga si trasformò in un uomo, si recò nel mondo di Vimalā (Privo di impurità) portò a compimento tutte le perfezioni (pāramitā) dei bodhisattva, conseguì l'illuminazione profonda, acquisì i Trentadue segni maggiori di un Buddha e insegnò il Sutra del Loto consentendo a molti esseri senzienti il raggiungimento dell' Anuttarā-samyak-saṃbodhi.

Allora Prajñākūṭa comprese che la bodhi poteva essere raggiunta in un attimo, mentre Śāriputra realizzò che anche una donna poteva divenire un buddha[1] e rimasero in silenzio.

1. Note

1. Sull'insegnamento mahāyāna rispetto alla non-differenza tra la figura maschile e femminile ovvero la loro equivalenza a fini della buddhità, così l'antico Śūraṃgama-samādhi-sūtra (首楞嚴三昧經, Shǒulèngyán sānmèi jīng, T.D. 642.15.629-644), tradotto in cinese da Kumārajīva tra il 402 e il 409:

« Dridamati chiese al devaputra Gopaka:

"Mediante quali azioni meritorie una donna può rinascere con un corpo di uomo" Gopaka rispose:

"Dridamati colui che è nel mahāyāna non percepisce la differenza tra uomo e donna. Perché? Perché nel pensiero onnisciente (sanscrito: sarvajñā), che non si riscontra nel Triplice mondo, le nozioni di uomo e donna sono forgiate dall'immaginazione." »(Shǒulèngyán sānmèi jīng (Śūraṃgama-samādhi-sūtra T.D. 642.15.629-644))

XIII capitolo

A seguito dei precedenti accadimenti i bodhisattva Mahāpratibhāna (Grande Predicazione) e Bhaiṣajyarāja (Re della Medicina) vollero assicurare il Buddha Śākyamuni che dopo il suo parinirvāṇa avrebbero continuato a predicare il Sutra del Loto anche nei periodi dominati dagli esseri malvagi e a rischio della propria vita. Allo stesso modo cinquecento monaci dell'Assemblea vollero rassicurare lo Śākyamuni con le medesime intenzioni. Così si aggiunsero altri monaci fino al numero di ottomila i quali giungendo le mani garantirono al Buddha l'intenzione di predicare il Sutra del Loto nel mondo di sahā.

Il Buddha Śākyamuni con sua moglie Yaśodharā e il figlio Rāhula in un antico dipinto.

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La monaca Mahāprajāpatī, zia materna dello Śākyamuni, unitamente a seimila monache che la accompagnavano, si alzò e rimanendo in piedi guardò fissamente il Buddha. Intuendo le perplessità di Mahāprajāpatī e delle monache lo Śākyamuni gli predisse la realizzazione dello stato di bodhisattva e il raggiungimento dell' anuttarā-samyak-saṃbodhi. Infine il Buddha comunicò a Mahāprajāpatī la sua rinascita come Buddha Sarvasattvapriyadarśana (Dolce visione per tutti gli esseri senzienti).

Allo stesso modo, la monaca Yaśodharā, madre di Rāhula e già moglie dello Śākyamuni, pensò che le fosse precluso l' anuttarā-samyak-saṃbodhi, ma il Buddha gli profetizzò la realizzazione del stato di Tathāgata con il nome di Buddha Raśmiśatasahasraparipūrṇadhvaja (Bandiera con centinaia di migliaia di segni splendenti).

Il capitolo si conclude con la dichiarazione di ottanta di infinite e innumerevoli di centinaia di migliaia di bodhisattva che proclamano la predicazione del Sutra del Loto durante l' ultimo periodo del Dharma pronti ad affrontare le derisioni, gli insulti e le aggessione degli stolti e anche l'arroganza dei finti anacoreti.

XIV capitolo

Il bodhisattva Mañjuśrī fece allora presente al Buddha Śākyamuni che il voto pronunciato delle ottanta schiere di infiniti bodhisattva pronti a predicare il Sutra del Loto nell' ultimo periodo del Dharma era assolutamente improbo, domandandosi conseguentemente come essi avessero potuto mantenerlo.

Il bodhisattva mahāsattva Mañjuśrī in una rappresentazione giapponese del XVI secolo conservata al British Museum. Mañjuśrī (giapp. 文殊 Monju) viene qui rappresentato come Siṃhāsana Mañjuśrī (Mañjuśrī a dorso di un leone ruggente). Tale raffigurazione ricorda la leggenda asiatica di un leone che aveva fatto resuscitare con un ruggito i propri cuccioli nati morti. La rappresentazione del "leone ruggente" richiama in Asia la capacità di provocare la rinascita spirituale. Mañjuśrī impugna con la mano destra la "spada" (khaḍga) ad indicare la distruzione dell'ignoranza (avidyā), mentre con la mano sinistra regge un rotolo dei Prajñāpāramitāsūtra con cui infonde la "sapienza" (prajñā).

Lo Śākyamuni rispose a Mañjuśrī che il bodhisattva dell'ultimo periodo del Dharma dovrà rispettare "quattro gruppi di regole" per poter svolgere il suo compito.

Il primo gruppo di regole riguarda la sua condotta e le frequentazioni per lui appropriate. o Per quanto concerne la condotta e il comportamento adeguato il bodhisattva:

deve essere mite, paziente e tollerante, mai violento; non turbato o allarmato, privo di paure e non indignato; non attratto da alcuna cosa, vedendo chiaramente nella reale natura delle

cose, senza mia discriminare.o Per quanto concerne le frequentazioni, un bodhisattva:

non deve frequentare intimamente re, principi, ministri o alti funzionari; non deve frequentare intimamente i non buddhisti, i jainisti o i brahmani; non deve frequentare intimamente i lokayata (materialisti); non deve praticare passatempi violenti come il pugilato o la lotta, né deve

frequentare intimamente chi coltiva tali passioni; non deve frequentare intimamente attori o chi si dedica ad attività illusorie;

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non deve frequentare intimamente i chandala, o chi alleva bestiame o gli imbroglioni;

non deve frequentare intimamente i cacciatori o i pescatori; non deve frequentare intimamente i lenoni, né le donne di natura lasciva; solo

quando queste persone vadano da lui egli gli predicherà il Sutra del Loto, ma senza aspettarsi nulla in cambio.

non frequentare monaci e monache, laici e laiche del veicolo degli Śrāvaka (seguaci dello Hīnayāna);

non frequentare coloro che ambiscono ad entrare in questo veicolo, né deve discutere con loro;

non deve svolgere alcuna attività con i seguaci del veicolo degli Śrāvaka; solo quando queste persone vadano da lui egli gli predicherà il Sutra del Loto, ma senza aspettarsi nulla in cambio.

o Un bodhisattva quando predica alle donne deve anche: predicare evitando che sorga in loro dei desideri; predicare evitando di provare piacere nel vederle; predicare evitando di chiacchierare da solo con fanciulle, donne non sposate

o vedove; così non deve frequentare gli uomini privi di virilità, non deve entrare da solo

in casa di un'altra persona, non deve predicare ad una donna sorridendogli, né mostrandolgi il torace, e non deve avere rapporti intimi con lei nemmeno per amore del Dharma;

bodhisattva non deve provare piacere a insegnare ai fanciulli o ai bambini e non deve apprezzare il fatto di avere lo stesso maestro con loro, deve piuttosto ambire a sedere in meditazione in luogo tranquillo imparando a calmare la mente;

poi il bodhisattva deve considerare tutti i fenomeni come vuoti, riconoscendo nella vacuità la loro vera caratteristica, questa è la seconda regola dei bodhisattva; egli non deve fare distinzioni tra un uomo e una donna, non deve dibattere su dottrine superiori o inferiori, dal disordine derivano le distinzioni.

Il secondo gruppo di regole riguardano ancora il modo di predicazione da parte del bodhisattva degli ultimi giorni:

o egli non dove parlare degli errori altrui o delle altre scritture;o non deve denigrare i maestri di altre scuole;o non deve menzionare per nome gli [śrāvaka]] quando elenca le mancanze o ne

apprezzi pubblicamente le qualità;o non deve conservare il risentimento;o non deve preoccuparsi del cibo, dei vestiti o delle medicine ma concentrarsi sulla

predicazione del Sutrao deve sembre rispondere alle domande sul Dharma con le dottrine Mahāyāna e mai

con quelle Hīnayāna. Il terzo gruppo di regole riguarda il comportamento da tenere nei confronti di coloro che

seguono le altre dottrine buddhiste: o egli non deve turbare gli śrāvaka o i pratyekabuddha o i bodhisattva accusandoli di

essere indulgenti e lontani dalla via;o non deve impegnarsi in dibattiti sulla dottrina, né litigare in merito ad esse;o deve tenere un contegno rispetto nei confronti dei buddha e dei bodhisattva;o deve predicare a tutti gli esseri senzienti in modo equanime;o deve essere sempre gentile e paziente.

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Il quarto gruppo di regole riguarda la profonda compassione nei confronti di tutti gli esseri senzienti:

o deve utilizzare i vari espedienti (upaya) per predicare il Sutra del Loto facendoli dimorare in essa.

Allora il Tathāgata si comporterà in questo modo:

« Egli è il re della dottrina,

che possiede il grande potere della perseveranza e il prezioso forziere della saggezza,e per la sua grande pietà e compassioneconverte le generazioni con la Legge.Egli osserva tutte le personecolpite da sofferenza e angosce,che cercano di ottenere l'emancipazionelottando contro i demoni,e, per il bene di questi esseri viventi,espone diverse dottrine;utilizzando grandi espedienti,predica questi sutra.Quando capisce che gli esseri viventigrazie a loro hanno sviluppato le proprie capacità,allora, all'ultimo momento, a loro beneficiopredica questo Sutra del Loto,proprio come il re che scioglie la crocchia

e dona il suo splendete gioiello. »(Sutra del Loto Milano, Esperia Edizioni, 1997, pagg. 272-3.)

XV capitolo

Dopo queste dichiarazione del Buddha Śākyamuni tutti i bodhisattva e i mahāsattva giunti dalle altre terre si offrirono al Buddha stesso per diffondere e proteggere il Sutra del Loto nel mondo di sahā dopo il suo parinirvāṇa.

Ma il Buddha gli rispose che non occorreva questo in quanto proprio nel mondo di sahā erano pronte moltitudini di bodhisattva e di mahāsattva a proteggere e predicare il Sutra.

A quel punto dal suolo di migliaia di milioni di paesi del mondo di sahā emersero moltitudini di bodhisattva e di mahāsattva dal corpo dorato e che presentavano i trentadue segni.